C’è un font che più di ogni altro è caratteristico del nostro modo di essere e di esprimerci: si tratta della calligrafia, stile inconfondibile che ogni persona coltiva nel giro di anni di scrittura amanuense. Nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale, però, anche quest’ultimo segreto di Pulcinella sta per crollare. Un tempo la calligrafia poteva essere imitata in modo sapiente con un pizzico di esercizio e di maestria, ma un buon perito calligrafico sarebbe stato in grado di distinguere il vero dal falso con minima possibilità di errore. L’avvento dell’IA rischia di spiazzare questa “tecnologia” minandola alle basi: tutto è ormai pronto per rendere i manoscritti qualcosa di facilmente imitabile e, quindi, qualcosa di pericoloso. Se un artefizio è tanto originale quanto facilmente imitabile, infatti, il problema è chiaro ed evidente, soprattutto se su questo artefizio si basa un assunto come la firma autografa.
L’IA imiterà la calligrafia
Giunge in questi giorni dai ricercatori della Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligence (MBZUAI) di Abu Dhabi la conferma di una tecnologia brevettata in grado di imitare qualsiasi calligrafia sulla base del semplice apprendimento da pochi paragrafi di testo scritto. L’IA è dunque in grado di identificare le lettere, la varianza, l’uso degli spazi e quant’altro per mettere in campo una rielaborazione in grado di scrivere qualsiasi testo ulteriore. La calligrafia, di fatto, diventa “font” e con esso qualsiasi testo potrà essere riscritto e riprodotto. Se solo si unisse questo algoritmo ad un sistema di scrittura automatico su carta (non a stampa, ma con un pennino), ecco che la scrittura umana sarebbe imitata e riprodotta in toto, rapidamente e con difficoltà del tutto minime. Soprattutto, però, con altissima affidabilità.
Con l’avvento dell’IA, quanto valore potrà ancora avere un testo autografo e manoscritto? Quanti anni mancano prima che chiunque possa imitare qualsiasi testo? La calligrafia può diventare un difetto, invece che un timbro di originalità?
Così come nel Medioevo erano spade e timbri a sancire patti ed accordi, allo stesso tempo per lunghi secoli è stata la firma a svolgere medesima funzione. L’avvento del digitale sposta ogni elemento in una nuova dimensione fatta di bit ed inevitabilmente, poco alla volta, tutto ciò che è manoscritto diventerà materia di bit. I rischi di questa traslazione sono noti: il digitale può conservare molto più materiale e con costi molto inferiori, ma la durata è tendenzialmente molto più bassa (il che mette fortemente a rischio la conoscenza di lungo periodo). Ma nuotare contro questa corrente sarebbe inutile: l’innovazione è qui per restare e l’IA metterà in discussione questi e molti altri assiomi dell’epoca da cui usciamo. Semmai occorre investire su nuove soluzioni per i problemi che emergeranno al cospetto di tecnologie che sono tanto innovative quanto fallaci.
Il brevetto ottenuto dai ricercatori di Abu Dhabi esplicita soltanto qualcosa che un giorno sarà considerato ovvio: tutto sta per cambiare. E cambierà in meglio, come sempre è stato, benché lasciando dietro di sé un alone nostalgico di cui si accorgeranno soltanto le vecchie generazioni. La firma digitale del resto è già qui, quindi di quella autografa già possiamo farne a meno. E così sarà, possiamo metterci la firma.