C’è un nuovo reato che potrebbe essere introdotto all’interno dell’ordinamento del Belpaese, relativo all’istigazione ed apologia dei delitti contro la vita e l’incolumità della persona, anche tramite Internet . Si tratta di un DDL annunciato dal senatore del PdL Raffaele Lauro, dopo l’aggressione subita a Milano dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il proliferare dei gruppi su Facebook inneggianti al gesto di Massimo Tartaglia.
Si tratta di una proposta che mira ad imporre pene più severe a chiunque, comunicando con più persone in qualsiasi forma, istighi a commettere uno o più tra i delitti contro la vita e l’incolumità di un individuo. Per il semplice fatto di aver istigato, un soggetto potrebbe rischiare un periodo di reclusione da 3 a 12 anni . Questa stessa pena, stando sempre al disegno di legge annunciato in Senato , dovrà applicarsi a chiunque faccia pubblicamente apologia di uno o più tra i delitti indicati. E non è tutto.
La pena dovrà essere più apra nel caso sopravvenga un’aggravante: che l’apologia o l’istigazione venga commessa avvalendosi di comunicazioni telefoniche o telematiche . Come le ordinarie pagine Web e le bacheche dei social network. “L’aggressione al Presidente Berlusconi – ha spiegato il senatore Lauro – ha evidenziato la necessità di intervenire su un diffuso fenomeno, caratterizzato da forme di esortazione alla violenza e all’aggressione”.
Violenza e aggressione che, sempre secondo Lauro, avverrebbero sempre più di frequente attraverso interventi che, grazie alle tecnologie informatiche, riescono ad acquisire una rilevanza mediatica significativa. I ricatti, le ingiurie e la diffamazione sarebbero dunque a parere del senatore pratiche particolarmente diffuse in Rete, anche tra utenti al di sotto dei 18 anni.
Il senatore Lauro ha poi commentato la sua stessa proposta, riequilibrando a suo dire quello che potrebbe apparire un claudicante bilanciamento tra libertà d’espressione e tutela della dignità degli individui. Il DDL annunciato, a parere del senatore, metterebbe in corretto equilibrio l’art. 21 della Costituzione con quelli a salvaguardia della vita e dell’incolumità di ognuno (art. 2 e 13). Un equilibrio necessario agli occhi del senatore del PdL, dal momento che il legislatore non dovrebbe più attendere oltre ad arginare un fenomeno ritenuto già pericoloso dal ministro dell’Interno Roberto Maroni.
In attesa di un testo definitivo della proposta di legge non sono attualmente emersi dettagli sull’eventuale responsabilità di intermediari come Facebook, dinanzi a reati come quello sottolineato da Lauro. Il social network in blu aveva già dato la propria disponibilità al dialogo con il governo e aveva provveduto a chiudere i vari gruppi che inneggiavano al gesto violento di Massimo Tartaglia, oltre a diramare un comunicato ufficiale in cui si dichiarava contrario a certe manifestazioni della libertà del pensiero espresse dai suoi utenti.
Stando a quanto dichiarato, dovrebbero essere attualmente soltanto i comuni netizen a rischiare da 3 a 12 anni di carcere per reati come l’istigazione alla violenza a mezzo Facebook o blog. Lauro ha inoltre presentato una mozione parlamentare per discutere presto in Senato di cultura informatica e di quelli che sono stati definiti effetti perversi derivanti dall’uso patologico di giovani e giovanissimi del cellulare. Nonché delle conseguenze nei rapporti genitori-figli e sulle istituzioni scolastiche.
Mauro Vecchio Dunque alla fine l’onda emozionale seguita all’aggressione al presidente del Consiglio ha partorito il disegno di legge Lauro. Quali sono le linee di tendenza sulle quali si è mosso il legislatore?
Stando alle notizie di stampa il disegno di legge introdurrebbe lo specifico reato di istigazione a commettere i reati contro la persona. La norma sarebbe così formulata: ” Chiunque, comunicando con più persone in qualsiasi forma, istiga a commettere uno o più tra i delitti contro la vita e l’incolumità della persona, è punito, per il solo fatto dell’istigazione, con la reclusione da 3 a 12 anni. La stessa pena si applica a chiunque pubblicamente fa l’apologia di uno o più fra i delitti indicati. Se il fatto è commesso avvalendosi di comunicazione telefonica o telematica, la pena è aumentata “.
Quindi si introduce una norma speciale di istigazione a commettere reati nei confronti di una persona determinata. Ma visto che esiste nel nostro codice penale già una norma che prevede l’istigazione a commettere un reato, ovvero l’ art 414 del codice penale , chiamato appunto “istigazione a delinquere” e che prevede pene da uno a cinque anni, a cosa serve allora il DDL Lauro?
Serve ad aumentare in maniera considerevole le pene previste per le condotte istigative ed apologetiche (dagli 1 ai 5 anni secondo quanto previsto dall’art 414 del codice penale si passa a pene dai 3 ai 12 anni) con la possibilità dell’aumento di pena relativa all’aggravante delle comunicazioni telematiche o informatiche. Per fare un raffronto, chi commette un omicidio colposo è punito dal nostro ordinamento con sanzioni da sei mesi a cinque anni. Se per esempio un lavoratore muore a causa della mancanza di norme antinfortunistiche sul lavoro il datore di lavoro rischia fino a 7 anni. Ed inoltre in tema di pedofilia chiunque, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. In tema di violenza sessuale chi poi con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Chi istiga invece sul social network rischierebbe invece, se il DDL Lauro venisse approvato, oltre i dodici anni in virtù dell’ aggravante delle comunicazioni telematiche o informatiche .
Serve a creare una norma speciale rispetto a quella generale prevista dall’art 414 per penalizzare non l’apologia o l’istigazione a compiere un qualsiasi reato, ma quello che mette in pericolo la vita o l’incolumità delle persone.
Serve a rendere il bene giuridico tutelato non più l’ordine pubblico, ma l’incolumità (o la coscienza!) della persona che si sente aggredita analogamente a quello che è accaduto in tempi recenti, in ben altri contesti, con la disciplina della violenza sessuale.
Serve, e qui sta il trucco, ad estendere anche alle comunicazioni telematiche ed informatiche la punibilità delle condotte di istigazione che si realizzano tramite Internet ed i social network, cosa ad oggi difficile da ipotizzare visto che nel nostro ordinamento vige il principio del divieto di analogia in malam partem che trova un ostacolo nel necessario rispetto del principio di legalità e del suo corollario costituito dal principio di tassatività. Infatti sul piano della normazione positiva l’analogia, nell’ambito del diritto penale, è espressamente esclusa dall’art. 14 delle preleggi che stabilisce: ” le leggi penali e quelle che fanno eccezione ai principi generali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati “. Per poter penalizzare l’internet ed i social network in pratica bisognava scriverlo chiaramente, come infatti è avvenuto.
In pratica si tratta della stessa operazione ma con ben diversi impatti che è stata condotta con l’approvazione del decreto Urbani, che nel 2004, come è noto, ha introdotto il reato di “scaricamento” di file protetti dal diritto d’autore aggiungendo le modalità telematiche tra le attività tipiche della condotta.
Una ulteriore conseguenza è che, diversamente da quanto accade oggi, se la norma passasse così com’è, potranno essere utilizzate le intercettazioni per ricercare le prove del reato: la norma sulla istigazione a delinquere ha un limite edittale troppo basso e non consente le intercettazioni previste dall’ articolo 266 del codice di procedura penale , con l’aumento delle sanzioni si potranno quindi ampiamente utilizzare le intercettazioni. Come se non bastasse l’aver inserito la locuzione “avvalendosi di comunicazione telefonica o telematica” si consente l’utilizzo anche delle intercettazioni telematiche, secondo quanto previsto dall’articolo 266 bis del codice di procedura penale: intercettazioni che possono essere disposte per tutti i reati ” commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche “, e possono essere effettuate, al contrario di quelle telefoniche, anche mediante impianti appartenenti a privati.
Fulvio Sarzana di S.Ippolito
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