Il Parlamento Europeo avrebbe messo a punto un sito (“EcoCare“) per la prenotazione dei tamponi privo delle adeguate misure di tutela della privacy. La vertenza suona per certi versi strumentale, ma coglie nel segno poiché inchioda il Parlamento UE alle proprie responsabilità. Il caso è emerso a seguito dell’accusa firmata da sei parlamentari europei affiancati dagli attivisti del gruppo noyb.
Parlamento Europeo: Covid, cookie e privacy
Al centro del problema vi sarebbe il punto di riferimento che il Parlamento ha offerto ai propri rappresentanti per poter prenotare una verifica rapida circa il proprio status sanitario, potendo così verificare con canale preferenziale eventuali stati di contagio. L’accesso al sito, però, porrebbe i parlamentari di fronte a circa 150 chiamate verso l’esterno, con una gestione dei cookie del tutto incompatibile con quanto richiesto danne normative della stessa UE. Se nemmeno il Parlamento Europeo pone le giuste attenzioni alla Cookie Law, allora in Europa abbiamo evidentemente un problema. Un problema che nasce da una virtù: una normativa sulla tutela della privacy che è migliore e maggiormente restrittiva rispetto a quelle adottate in altre parti del mondo, ma con un’attenzione al rispetto della stessa che spesso sbatte contro difficoltà di implementazione e disattenzione.
L’accusa noyb è circostanziata: tra i cookie trovati vi sarebbero anche quelli di Google e Stripe. Sebbene non sia ravvisata una fuga di informazioni sanitarie dei parlamentari europei, sarebbe invece chiara la disattenzione con cui il servizio è stato posto in essere, con una informativa del tutto lacunosa all’accesso e con una trasmissione di dati verso gli USA del tutto incompatibile con le prescrizioni da normativa. Non solo: nell’informativa comparirebbero addirittura riferimenti immotivati all’Aeroporto di Bruxelles, elemento che lascia immaginare un semplice copia/incolla del testo senza particolare attenzione agli aspetti legati alla privacy.
Semplice superficialità di approccio? Forse. Ma è una superficialità che ricade su informazioni sanitarie relative ai massimi rappresentanti delle istituzioni europee e che tira in ballo quel muro difensivo che l’UE ha voluto disegnare nel tempo contro l’invadenza sui dati dei cittadini europei.