Le proteste contro i giganti hi-tech si allargano dalla Baia di San Francisco a Seattle e nel mirino finiscono sempre i bus aziendali, simbolo dei privilegi della categoria. Sarà l’effetto emulazione, la ricerca della celebrità o semplicemente la necessità di frenare il fenomeno prima che degeneri come in California, ma lunedì mattina nella città dello stato di Washington si sono ripetute le scene già viste a San Francisco con i manifestanti intenti a bloccare le navette dei dipendenti di Microsoft.
Certo, la portata dei disordini è decisamente minore, perché il gruppo di protestanti scesi in strada a Capitol Hill contava un nugolo di persone, che però sono riuscite a ritardare di 45 minuti la partenza di cinque bus esponendo striscioni e intonando cori contrari all’azienda fondata da Bill Gates.
Come per Google, Facebook e altri colossi del ramo tecnologico con sede nella Silicon Valley, anche Microsoft è considerata la prima colpevole dell’aumento dei prezzi degli alloggi e dell’utilizzo di mezzi pubblici per trasportare agevolmente i dipendenti verso il campus di Redmond. Non a caso la protesta è andata in scena in una strada simbolica di Capitol Hill – l’area che ha subito i maggiori rincari dovuti alla presenza di buona parte dei circa 40mila dipendenti di Microsoft residenti nello stato di Washington – dove sempre più antiche residenze vengono abbattute per far spazio a nuovi complessi multifamiliari.
Il servizio navetta è stato inaugurato alla fine del 2007 in cinque quartieri residenziali, saliti con gli anni a dodici, con Microsoft che ha sostenuto la scelta additando benefici ambientali e quelli alla viabilità cittadina. Dopo aver assistito all’escalation nella Bay Area, però, i cittadini sono passati all’azione dichiarando che col suo comportamento la società crea spaccature socio-economiche profonde e difficilmente rimarginabili. Seguendo l’esempio dei manifestanti californiani, è assai probabile che la comunità di Seattle e Capitol Hill chiederà alle autorità cittadine di trovare un rimedio soddisfacente per entrambe le parti, prevedendo ovviamente un congruo rimborso per le casse municipali.
Alessio Caprodossi