Doveva essere una transizione, sarà invece uno shock. Nella parola transizione si leggono sfumature velate, sensazioni morbide, intrinseca progressività. Nel momento in cui il ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ammette invece che nel prossimo trimestre le bollette dell’elettricità aumenteranno del 40%, allora ecco che di “transizione” viene a esserci poco.
Le cause? Restiamo alle parole dello stesso ministro: “succede perché il prezzo del gas a livello internazionale aumenta, succede perché aumenta anche il prezzo della CO2 prodotta“. Due elementi molto differenti, buttati in pasto ad un’opinione pubblica poco propensa a capire e sicuramente ben pronta al j’accuse contro la politica ed i massimi sistemi. I due problemi, però, vanno affrontati singolarmente perché afferenti a due sfere completamente differenti.
Elettricità: le cause dei rincari
L’aumento del prezzo del gas sarebbe legato all’eccessiva domanda attesa per i prossimi mesi e ad una certa carenza nelle forniture. Ma dietro tutto ciò è impossibile non rimarcare anche i ritardi con cui l’Europa ha affrontato la propria dipendenza dalla Russia, prestando così il fianco agli alti e bassi del mercato in virtù di questa fragilità. Se spesso l’opinione pubblica ha girato le spalle a temi come le condotte North Stream tra il Mar Baltico e la Germania, ora dovrà improvvisamente sperimentare le conseguenze di quella scelta. L’Italia a suo tempo ha più volte proposto soluzioni alternative (forte anche della presenza Eni nel continente africano), ma è stata la Germania a fare la voce grossa e oggi l’UE è appesa ai rubinetti del gas comandati da Mosca. Insomma: c’è moltissima geopolitica dietro i rincari del gas e molta dovrà ancora essercene in un mondo di reti interconnesse e un vecchio continente costretto all’import di questa fonte naturale. I nostri principali approvvigionamenti oggi si chiamano Transmed (dall’Algeria), Greenstream (dalla Libia) e North Stream (dalla Russia): quando si parla di politica estera in questi anni, molto sarà legato alle politiche energetiche ed alla ricerca di equilibri autarchici che possano rendere meno dipendenti i singoli Paesi da qualsivoglia ingerenza esterna. Le tensioni, di fronte ad aumenti di questa caratura, saranno inevitabilmente destinati ad aumentare.
A legare gas ed energia è il fatto che ad oggi il gas (rinnovabili a parte) è la fonte meno inquinante e più disponibile per la produzione di elettricità tramite centrali turbogas o a ciclo combinato. Per questo motivo il gas naturale è in assoluto la fonte più importante per la produzione elettrica, con l’Italia particolarmente esposta su questo fronte. I sogni di fusione a confinamento magnetico sono però ancora molto lontani, dunque nel frattempo bisogna fare con la realtà. E la realtà si chiama gas.
A tutto ciò si aggiunga il tema delle aste verdi e del costo che gli utilizzatori di combustibili fossili dovranno affrontare per la propria produzione di CO2. Costi che ci sono, che la politica impone per incoraggiare la transizione verso nuovi strumenti (il gas è il passaggio successivo al carbone, fase di passaggio intermedia verso un equilibrio più basato sulle rinnovabili), ma che in larga parte saranno per ora scaricati sui consumatori.
Se l’energia aumenta troppo di costo, le nostre imprese perdono competitività e i cittadini, soprattutto quelli con un reddito medio-basso, faticano ulteriormente per pagare dei beni primari come l’elettricità in casa. Queste cose vanno considerate perché sono egualmente importanti rispetto alla transizione ecologica
Roberto Cingolani
Inevitabilmente sulla bilancia bisogna mettere inoltre la chimera delle rinnovabili: in un mondo nel quale la domanda di energia sale più rapidamente rispetto all’offerta, è per il momento utopico pensare che con le rinnovabili si possa risolvere ogni problema. Bisogna semmai agire su un triplo fronte: aumentarne la produzione, differenziarne le fonti (fotovoltaico, eolico e idroelettrico, ad esempio, producono importanti complementarità) e ridurre i consumi. Solo abbondando in ambizione si potrà raggiungere qualche risultato minimo di lungo periodo.
L’ombra del nucleare è infine lo spauracchio ultimo, quello al quale presto o tardi la politica tornerà a riversare le proprie tensioni. Un tema caldo, sul quale l’Italia ha preso posizione più volte e per il quale troppo facilmente si potrebbero maturare ulteriori e ancor più profonde lacerazioni.
L’occasione del mercato libero?
Sullo sfondo di questi temi di alto profilo e di lunga gittata c’è la quotidianità delle bollette, delle persone che faticano ad arrivare a fine mese e che ora si troveranno di fronte costi in aumento tra i 250 e i 500 euro per famiglia. In questo contesto bisogna ricordare da dove arriviamo: da un’Italia che con i soliti ritardi e rinvii ha portato avanti il passaggio al mercato libero, salvo accorgersi solo in seguito di come alcune aziende abbiano sostanzialmente agito con fare poco trasparente. Il risultato? Il mercato libero non ha portato i risparmi auspicati, l’Antitrust ha dovuto portare avanti 13 procedimenti istruttori e nelle diffide si è consumato il fallimento di questo primo tentativo.
Ora il costo dell’energia aumenterà in modo sostanziale: è questa l’occasione buona per le offerte luce e gas sul mercato libero? Le aziende avranno ora più margine per tentare di farsi realmente concorrenza e accaparrarsi una quota crescente di domanda in arrivo per fuggire dai rincari annunciati?
L’auspicio di tutti è che il mercato libero da una parte e la politica dall’altra riescano a contenere lo shock. Perché non è a colpi di shock sul portafoglio che si può immaginare quella che era stata promessa come una “transizione”.