Da molto tempo la rete è a caccia sistematica di zone che, in Google Maps o Google Street View , non s’hanno da vedere . Circola ora una nuova, lunga lista di siti “vietati”, curata da IT Security : si tratta di ben 51 zone , ciascuna delle quali ha particolarità tali da imporre ai labs di Mountain View di oscurarle con un effetto blur o altra tecnica equivalente.
L’elenco è stato diviso in gruppi: le zone di interesse governativo e militare, quelle “delicate” di Street View, quelle dove si produce energia con il nucleare o si accumulano riserve energetiche e, infine, alcune Università e Istituti di ricerca.
Tutte ragioni per cui il gigante di Mountain View applica a tali zone un procedimento grafico di alterazione, come visibile nella figura qui a destra. Rappresenta il circondario dell’abitazione di Dick Cheney, il vicepresidente americano, e si rileva perfettamente l’alterazione artificiale al di là del confine segnato dall’Observatory Circle. Online, è possibile verificare qui come, avvicinandosi progressivamente, all’aumentare del livello di dettaglio si giunga ad una soglia superata la quale interviene l’artificio, che maschera l’aspetto reale della ripresa.
Medesimo procedimento è applicato, con tecniche non sempre riconducibili al blur ma il cui effetto è comunque quello di oscurare, anche ad altre zone: qui a lato, l’effetto dell’intervento sulla zona in cui risiede l’ Agenzia NATO C3 di Bruxelles: anche qui, utilizzando il servizio online , si giunge fino ad un certo livello, superato il quale il dettaglio si perde .
Alcune altre zone, però, pur ragionevolmente classificabili come “sensibili”, non sembrano prese in considerazione da Google con lo stesso “zelo”. Un esempio ormai classico è la base aerea di Aviano, che in Google Maps appare in tutta la sua interezza, senza alcuna manipolazione . Altrettanto può dirsi per l’aeroporto militare di Pratica di Mare (a sud di Roma), il cui territorio è visualizzato da Google Maps senza mascherarne alcuna parte.
Se già da molto in tanti si chiedono perché diverse zone, per il gigante di Mountain View, non son degne di oscuramento, non sembra dello stesso orientamento il nuovo concorrente di Google, Microsoft Live Maps , che ha già dato evidenza di voler garantire metodi di trattamento diversi da quelli di Google.
Non sembra, dunque, emergere un criterio preciso e universalmente adottato nella gestione di dati “sensibili”: le segnalazioni in rete sono molte ed emerge con frequenza che numerose zone, almeno apparentemente sensibili , risultano trattate da Google al pari di tutte le altre, cioè senza alcuna limitazione. Qui i 51 spot , da arricchire con eventuali ulteriori segnalazioni.
Marco Valerio Principato