No, non passa sotto silenzio l’operazione con cui lo scorso giugno i Monopoli di Stato , su mandato della legge finanziaria, hanno imposto filtri web per impedire agli italiani l’accesso alla bellezza di 364 siti internet .
L’operazione, considerata necessaria per impedire ai gestori di quei siti, bookmaker e società di scommmesse, di incamerare denari senza autorizzazione dai Monopoli, è ora al centro di una procedura di infrazione decisa dalla Commissione Europea contro il nostro paese e, per motivi analoghi, contro Austria e Francia.
Entro i prossimi due mesi il Governo dovrà inviare a Bruxelles nuove e più dettagliate motivazioni per l’attivazione dei filtri: qualora le autorità comunitarie ritengano non sufficienti i motivi di un comportamento di questo tipo, il tutto finirebbe in mano alla Corte di Giustizia Europea.
Come sottolinea Il Velino in ballo c’è un principio fondamentale: nell’Unione è legittimo che un paese impedisca ad un operatore di raccogliere scommesse tra i propri cittadini se con questa operazione intende prevenire il gioco d’azzardo. Ma non lo è se quello stesso paese stimola ed incoraggia le scommesse a sua volta. In questo caso è di tutta evidenza, sebbene naturalmente la Commissione non la metta in questi termini, che il tentativo dei Monopoli, avallato e richiesto dalla normativa, è stato quello di blindare le scommesse degli italiani, al fine da poter trattenere grazie al monopolio del settore un quantum su ogni singola attività operativa nel nostro paese.
Nella lettera in cui la Commissione comunica l’avvio della procedura di infrazione, peraltro, si parla di una “sproporzione di queste misure rispetto all’espansione del mercato delle scommesse sportive, che appare riservato agli operatori nazionali”. Una questione su cui hanno lungamente, e vanamente, insistito le decine di operatori “tagliati fuori” dal nostro mercato.
Nella stessa missiva, peraltro, l’Esecutivo comunitario fa presente che non intende in alcun modo deligittimare le operazioni tese a “proteggere l’ordine sociale e i consumatori contro puntate eccessive e il rischio di dipendenza”.
Quello che non è invece compreso nella missiva e non sembra in discussione a Bruxelles, o a Roma, è invece il diritto di libera navigazione in Internet che gli esperti della rete, come Società Internet , hanno tentato di far valere proprio in occasione del sequestro del traffico web.