Ancora molte chiacchiere e stime di vendita per i “micro-server” basati su microprocessori ARM: piattaforme di computing distribuite, efficienti ed economiche che al momento restano soprattutto sulla carta e nelle prospettive di vendita di produttori grandi e piccoli come la statunitense Hewlett-Packard.
Proprio HP, vale a dire l’azienda che vuole essere la prima a lanciare un micro-server ARM sul mercato ma al momento preferisce i processore x86 Atom di Intel, parla di un mercato che nel 2015 (tenendo in considerazione sia i micro-server Atom che quelli ARM) dovrebbe valere il 15 per cento delle vendite di server globali.
Riduzione del consumo energetico di oltre l’80 per cento, risparmio di spazio di oltre il 90, questo e altro promettono le macchine nate in seno al progetto “Moonshot” del più grande produttore di PC al mondo.
Intanto Calxeda, la società che dice di aver completato lo sviluppo del chip ARM destinato ad alloggiare nella piattaforma Redstone – cioè la variante ARM del succitato progetto Mooshot – preannuncia la disponibilità dei primi prodotti (per server HP e non solo) entro la fine dell’anno.
E se l’ambizioso obiettivo di innestare i chip ARM – fortissimi nel risparmio energetico, più deboli sul lato delle prestazioni – sui server per datacenter e “data crunching” dovesse fallire, c’è chi sta provando a sviluppare un emulatore x86 per i piccoli microprocessori del designer britannico: Elbrus Technologies dice di aver al momento raggiunto una performance nativa su ARM del 40 per cento, e di poter arrivare all’80 con ulteriori ottimizzazioni al codice.
Alfonso Maruccia