Brutta avventura per William Weber, ventenne amministratore IT austriaco che ha avuto l’unica colpa di gestire alcuni server di uscita sulla rete anonimizzatrice Tor : la scorsa settimana le autorità hanno fatto visita in casa di Weber, sequestrando ogni genere di apparato elettronico (e non solo) con il sospetto che il giovane fosse coinvolto in un traffico di materiale pedopornografico.
Weber racconta di come i poliziotti gli abbiano portato via 20 computer, console videoludiche, hard disk esterni, chiavette USB, dispositivi elettronici e persino le armi da fuoco con tanto di munizioni – a suo dire legalmente registrate e detenute.
Il motivo del raid domestico? L’individuazione, su uno dei server in uscita dal network a cipolla gestiti in remoto dal giovane, di traffico di immagini a carattere pedopornografico: in seguito, dice Weber, la polizia si è dimostrata più amichevole nei suoi confronti dopo aver capito che il server (polacco) apparteneva alla rete Tor e non era usato direttamente dal sospettato.
Resta il disagio di dover affrontare il sequestro di tanto materiale tecnologico da parte di un professionista dell’IT, e la necessità di far fronte alle spese legali – per cui Weber ha dato vita a una piccola campagna di donazioni – e la cocente consapevolezza della vulnerabilità all’azione censoria delle forze dell’ordine per chi gestisce un exit node Tor.
La strada “più sicura” per partecipare attivamente al network a cipolla è quella di gestire “un nodo intermedio”, dice Weber, una macchina che si limita a fare il routing del traffico interno alla rete (.onion) senza uscire sulla Internet pubblica.
Alfonso Maruccia