Primo risultato concreto per il caso GitHub , con la piattaforma di social coding costretta a difendersi dalle accuse di sessismo formulate dalla celebre sviluppatrice/hacker Julie Ann Horvath: la società comunica la conclusione delle indagini indipendenti sulla questione, si smarca dalle accuse e accetta le dimissioni del co-fondatore Tom Preston-Werner.
Gli investigatori non hanno trovato prove a supporto della tesi di molestie sessuali o rappresaglie basate sull’orientamento sessuale formulate da Horvath, spiega ora GitHub, né è stata evidenziata la presenza di un ambiente di lavoro sessista o in alcun modo “ostile” al sesso femminile.
Preston-Werner e la moglie si dicono innocenti, eppure il co-fondatore di GitHub ha preferito smarcarsi per via di non meglio precisati “errori” nella gestione della società. Nulla di illegale , a ogni modo, e chi è disposto a sostenere il contrario dovrà vedersela con gli avvocati.
Il caso di (presunte) molestie sessuali a GitHub – con tanto di proposte indecenti e sessioni di hula-hoop a favore degli sguardi bollenti dei colleghi maschi, stando a quanto sostiene Horvath – serve a ogni modo a evidenziare un aspetto non molto chiacchierato dell’ ideologia Californiana nella Silicon Valley, un mondo che professa la fine dei vecchi equilibri del mondo capitalista ma che pare continuare a tenere in disparte gli elementi femminili della presunta rivoluzione dell’economia della conoscenza.
È intervenuta sulla questione anche Sheryl Sandberg, COO di Facebook che propugna l’idea secondo cui le donne dovrebbero gestire la metà delle sedie ai tavoli intorno a cui si prendono le decisioni, per dare il loro contributo di leader “incredibilmente efficienti”.
Alfonso Maruccia