Sesso, ambiguità, perversioni. C’è tutto dietro una causa federale che sei commercianti hanno sparato contro un newyorkese. L’accusa? Aver copiato i loro prodotti per rivenderli, all’interno di Second Life , violando le loro proprietà intellettuali.
Chi non sogna di strapazzarsi di coccole dentro un metamondo? Chi non fantastica su una relazione clandestina e torbida tra le quattro mura virtuali della propria cyber-casa? O magari in riva ad una spiaggia deserta di pixel bianchi? Thomas Simon, probabilmente in preda a irresistibili pulsioni, si sarebbe indebitamente appropriato di una serie di stuzzicanti oggettini e servizietti che consentono di fare all’ ammore su Second Life .
Il problema è che poi Simon questa roba avrebbe cominciato a rivenderla. Letti, accessori di vestiario, script per integrare nuove posizioni piccanti e peccaminose tra avatar : a vendere tutto c’è da farci un gruzzoletto, basti pensare che su Second Life si calcola che ogni giorno passino di mano 700mila euro.
In testa al gruppo dei querelanti c’è una vecchia conoscenza dei lettori di Punto Informatico : Kevin Alderman , aka Stroker Serpentine , già proprietario di virtual Amsterdam , “inventore” del sesso su Second Life che aveva lanciato accuse simili (contro ignoti) già a luglio.
I suoi pacchetti, noti al pubblico come SexGen Platinum Base Unit v4.01 e SexGen Platinum+Diamond v5.01 , valgono un bel po’ di Linden Dollar: sarebbero stati clonati e spacciati sottobanco dall’alter ego di Simon, Rase Kenzo . Quest’ultimo spacciava pure abiti ed accessori (per avatar e abitazioni) di Shannon Grei, Teasa Copprue, Linda Baca, Michael Hester e Kasi Lewis. Nel caso di Shannon Grei, il danno sarebbe ingente, visto che la donna sostiene di mantenere i suoi figli soltanto grazie al commercio di skin nel metamondo.
Non è stata specificata alcuna cifra richiesta come indennizzo, ma i querelanti si riterrebbero soddisfatti da un risarcimento pari a tre volte quanto indebitamente guadagnato da Simon. Quest’ultimo però rimanda le accuse al mittente : “Possono dire quello che vogliono, è solo un videogame”.
In ballo c’è proprio questo: le leggi del mondo reale si applicano anche nel metamondo? Secondo Simon no: tanto è vero che i querelanti si sarebbero introdotti nella cyber-dimora dell’accusato , un fatto che, per la legge americana e non solo, nella vita reale sarebbe proibito. Alderman e compagni sostengono invece di sì: una bella denuncia per violazione della proprietà intellettuale non gliela toglierà nessuno.
Ce n’è abbastanza per un lungo dibattimento. Sempre che il giudice incaricato, dopo aver vagliato la faccenda, accetti di discuterla. C’è da domandarsi, nel caso in cui dovesse dichiarare di non essere territorialmente competente, chi potrebbe amministrare giustizia in questo procedimento . C’è da domandarsi se il commercio di beni virtuali, come quelli di Second Life, avrà un futuro . Una cosa è certa: il sesso virtuale continua a tirare.
Luca Annunziata