Un ragazzo inglese di 14 anni e la sua famiglia si sono sentiti “umiliati” dopo l’increscioso incidente capitato al teenager nell’uso di Snapchat, la app pensata per inviare foto che si cancellano automaticamente e usata dal ragazzo per inviare un selfie integrale a una ragazza della sua stessa scuola con cui stava flirtando.
La ragazza, evidentemente interessata più al gossip che al flirt, ha condiviso quella foto con altri nella scuola fino a quando non è stata chiamata la polizia; interrogato sulla questione, l’autore del nudo è finito in un database dell’intelligence e dovrà portare lo stigma del distributore di immagini pedopornografiche per almeno 10 anni.
Il ragazzo non è stato accusato di alcunché né sottoposto a indagine, quella foto era la sua ma per la legge britannica la semplice distribuzione ad altri comporta l’imposizione di un marchio destinato a pesare nel passaggio alla vita adulta: un potenziale datore di lavoro potrà fare ricerche nel database statale e vedersi comparire davanti il nome di quella che a conti fatti è una vittima di una legge non al passo coi tempi .
Jessica Taplin, responsabile dell’organizzazione che si batte per i diritti dei ragazzi Get Connected ha parlato di una vera e propria “demonizzazione” di un teenager che stava semplicemente sperimentando in modo relativamente innocuo, un comportamento che esiste da molto prima che la tecnologia si trasformasse in una gogna potenzialmente eterna.
Il problema del sexting e delle leggi ossessivamente punitive quando si tratta di minori e comportamenti erotici viene dibattuto da anni . Anche quando si tratta di comportamenti consenzienti fra due giovani, come nel caso recentemente capitato a due diciassettenni americani del North Carolina che si sono scambiati foto osé tramite cellulari: se la polizia individua contenuti pruriginosi i teenager diventano automaticamente carnefici di se stessi e se la devono vedere con i tribunali.
Alfonso Maruccia