Faenza – Le libertà offerte da Internet potranno trasformarsi in opportunità: SIAE auspica di poter tornare al Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza il prossimo anno e di annunciare un progetto di collaborazione con Creative Commons, un incastro tra la rigidità di leggi e regolamenti e la flessibilità con cui le licenze Creative Commons consentono agli autori di riservarsi alcuni diritti e di cedere altrettanti permessi.
Riprodurre non ha costi , diffondere non ha costi, non ha costi l’opportunità di guadagnarsi una visibilità presso folle di pubblico o nicchie di appassionati, che possano alimentare la voglia dell’artista di coltivare il proprio talento. Le opportunità offerte dalla rete sembrano però scontrarsi con una regolamentazione che non sa transigere: il diritto d’autore è monolitico, per approfittare delle tutele garantite agli artisti dalle istituzioni va abbracciato in toto. In caso contrario va gestito sul filo delle eccezioni e delle aree grigie. Nel quadro del convegno Siae e Creative Commons: insieme si può? organizzato dall’ARCI, gli artisti, SIAE, Creative Commons e gli intermediari che si sono fatti spazio in rete erano al MEI per tentare la connessione.
Jamendo , rappresentata dal suo responsabile del marketing Pierre-Yves Lanneau-Saint Léger, ha illustrato con chiarezza le opportunità: Jamendo offre spazio, visibilità e opportunità di raggranellare guadagni agli artisti che rilasciano la propria musica con licenze Creative Commons. Gli autori in Italia si trovano di fonte a una scelta: mantenere ciascuno dei diritti previsti dalla legge, negando al proprio pubblico la possibilità di far circolare legalmente la propria musica e negando a se stessi la possibilità di approfittare del passaparola, oppure incoraggiare il proprio pubblico a condividere e a far circolare le proprie opere. Qualora abbraccino l’opzione tradizionale, si iscriveranno alla SIAE, cederanno alla SIAE la gestione dei loro diritti e la raccolta dei compensi che deriveranno dalla circolazione della propria opera. Si tratta di una scelta che soprattutto gli artisti emergenti non si sentono di fare . L’alternativa è optare per rilasciare le proprie opere con una licenza libera calibrando le opportunità in gioco, ma rinunciando nel contempo al servizio che la SIAE offre agli artisti : chiunque decida di mettere a disposizione del pubblico la propria musica con un licenza libera, e stabilendo che colui che ne voglia fare un uso commerciale debba negoziare i compensi con l’artista, si troverà costretto a gestire autonomamente questa raccolta. Agli autori che rilascino sotto licenza CC, Jamendo offre la possibilità di mettere la propria opera sul mercato: esistono programmi per condividere alla pari la raccolta pubblicitaria presente sulle pagine del sito, è possibile aderire ad un programma commerciale stipulando un contratto con Jamendo che negozierà la gestione delle opere per usi commerciale dividendo a metà con l’artista il ricavato.
Ad aver rinunciato alla tutela imposta a livello istituzionale, ad aver approfittato di Jamendo, sono artisti che hanno messo a disposizione più di 150mila pezzi: i 430mila utenti di Jamendo hanno la possibilità di metterli in circolazione, di far assurgere l’artista alla popolarità. Ma qualora il brano dell’autore che rilascia la musica su Jamendo e la mette a disposizione per usi non commerciali venisse passato in radio, non potrebbe approfittare della SIAE per vedersi compensato.
La legge sul diritto d’autore e il regolamento SIAE impongono all’artista la scelta: la registrazione alla SIAE obbliga a depositare tutte le proprie opere alla collecting society, corrisponde al conferimento di un mandato esclusivo che si dispiega su tutti i diritti detenuti dall’autore su un brano. Impossibile dunque cedere dei diritti con le licenze Creative Commons o con altre licenze libere e nel contempo approfittare della raccolta e della gestione dei guadagni che SIAE offre agli artisti. Gli artisti scalpitano: Gianluca, esponente dei Rein , non usa mezzi termini: l’avvento delle tecnologie digitali e l’avvento della banda larga impongono un ripensamento della concezione del diritto d’autore e delle sovrastrutture che lo governano. “L’assioma che la pirateria uccide la discografia non è tale”: Gianluca spiega che “Ramazzotti è l’unica alternativa”, che la musica mainstream distribuita e fruita in modo tradizionale ha sempre percorso circuiti estremamente diversi rispetto a quelli della musica indipendente. Internet ha aperto numerosissime strade, le licenze CC costituirebbero lo strumento per batterle nella piena legalità e garantendo la massima fruibilità all’utente e bassi costi per l’artista, che non sarà obbligato a zigzagare investendo in promozioni, esibizioni dal vivo, intermediari che si preoccupano della distribuzione fisica delle sue opere. La pirateria non può che giocare a favore dell’artista, questi può tutelare il proprio pubblico rilasciando l’opera con una licenza Creative Commons che inviti a diffondere i contenuti senza che i suoi promotori vengano criminalizzati e vengano paradossalmente accusati di danneggiare l’artista .
Ma le licenze Creative Commons non sono compatibili con gli strumenti tradizionali di gestione dei diritti che gli artisti hanno deciso di cedere sotto compenso. L’Olanda ha battuto una strada alternativa. Si è tentato di incuneare le licenze Creative Commons nei regolamenti che determinano le relazioni tra gli artisti e la collecting society che raccoglie e redistribuisce le royalty. Gli autori che scelgono di concedere al proprio pubblico di utilizzare a proprio piacimento le opere da un anno possono affidarsi a Buma Stemra, il corrispettivo locale della SIAE, per raccogliere i compensi che derivano dagli usi commerciali negoziati con altri attori della catena del valore della musica.
Il percorso è stato accidentato e tortuoso: a raccontarlo al pubblico del MEI c’è Paul Keller, responsabile di Creative Commons Nederland . Così come in Italia, Buma Stemra lanciava agli artisti un messaggio ambivalente : da un lato si offriva di gestire i loro diritti, in quanto gestirli autonomamente sarebbe stato un’ impresa impossibile per l’artista , dall’altro rifiutava di raccogliere compensi a favore di coloro che gestissero il proprio repertorio secondo schemi differenti rispetto a quelli stabiliti dalla legge sul diritto d’autore. In questa discrasia si è inserito un processo di negoziazione: dal 2007 gli artisti che rilasciano la propria opera sotto le tre licenze Creative Commons con attributo non commercial possono avvalersi dei servizi offerti da Buma Stemra per la riscossione delle royalty.
Sono stati necessari tre anni per raggiungere un compromesso: Buma Stemra ha stabilito di raccogliere e distribuire i compensi raccolti con gli usi commerciali delle opere distribuite con licenza Creative Commons. Nonostante siano meno di 15 gli artisti olandesi che hanno aderito alla sperimentazione, Keller ricorda che il progetto pilota ha rappresentato un passo avanti nell’integrazione dei diritti delle libertà che spettano moralmente all’autore nel tradizionale e monolitico sistema.
Le licenze Creative Commons, il cui porting è stato effettuato in 50 paesi , sembrano dimostrarsi un modo per combinare le licenze libere e l’economia della cultura agevolata dalla rete ai sistemi tradizionali di gestione dei diritti. Anche l’Italia poco più di un anno fa, ha avviato un esperimento per tentare l’incastro: l’avvocato Deborah De Angelis , componente del gruppo di studio giuridico Creative Commons Italia, riepiloga il percorso svolto finora. “Ci si è accorti che c’era una sostanziale incompatibilità, in quanto il mandato ha carattere generale e assoluto – spiega De Angelis – non permette all’associato una volta che ha deciso di essere parte di una società di gestione di poter gestire autonomamente anche quelli che sono gli scopi non commerciali con cui vengono utilizzate le proprie opere”. “Le problematiche maggiori sono legate alla definizione di quello che possa essere considerato uso commerciale e uso non commerciale”: il problema consiste nel tracciare un discrimine tra le utilizzazioni sulle quali la SIAE dovrebbe intervenire per raccogliere i compensi e redistribuirli, e le utilizzazioni per cui non è necessario mobilitare la SIAE perché l’autore ha concesso al proprio pubblico la libertà di utilizzare liberamente l’opera. L’avvocato De Angelis si mostra però estremamente ottimista: nei giorni scorsi il presidente di Creative Commons Joi Ito ha incontrato nel quadro di una manifestazione milanese il presidente SIAE Giorgio Assumma: “da parte di SIAE si è sempre mostrata una grossa disponibilità ad affrontare questi problemi”.
Giancarlo Pressenda, rappresentante della SIAE al MEI, non nega disponibilità e non nega i problemi in campo: “credo che lo faremo, il tempo tecnico si è fatto breve”. Pressenda ricorda che “le Creative Commons sono delle licenze dirette, alla SIAE e alle società di gestione collettiva che riscuotano i diritti d’autore le opere vengono affidate, viene conferito un mandato di carattere esclusivo”: una situazione in cui gli artisti rilascino licenze autonomamente non è compatibile con il mandato SIAE . Pressenda precisa che “nessuno in nessun paese obbliga l’autore o il compositore ad aderire a una società di gestione collettiva: se mi voglio gestire in proprio lo posso fare, naturalmente questo ha delle grosse controindicazioni perché gestirsi in proprio è veramente complicato”. Internet apre la strada alla promozione, concorda Pressenda con i Rein, ma “la discografia è scesa in Italia del 7 per cento”. Nonostante Atlantic abbia vissuto il grande salto ottenendo dalla vendita online il 51 per cento delle proprie revenue, Pressenda spiega che “non si vede molta luce in questo senso: la vendita legale di prodotti attraverso gli online store c’è ma non compensa”. Certo, ciò non esclude il fatto che l’autore possa decidere di gestirsi autonomamente e di affidare la propria opera alla rete e di offrirla all'”abusivismo”, ciò non esclude il fatto che si continui a studiare un modo per rendere compatibile la gestione autonoma delle opere per scopi non commerciali e il mandato SIAE per le utilizzazioni commerciali di opere rilasciate sotto licenza CC: “non è un problema ideologico, è un problema di compatibilità tra una struttura che si muove in un certo modo e queste nuove istanze”. “La cosa più semplice è quella che ha fatto la Buma” spiega Pressenda, si può creare una connessione “minimale”, è probabile che la SIAE consentirà agli artisti CC di affidare alla SIAE il mandato per la riscossione dei diritti per le utilizzazioni commerciali, così come ha fatto Buma Stemra, in modo che si crei un quadro internazionale a cui fare riferimento: “questo – annuncia Pressenda – credo che riusciremo a farlo per rispondere a questa esigenza”. L’auspicio è quello di presentare il prossimo anno al MEI il nuovo accordo tra SIAE e Creative Commons: “anche se – conclude Pressenda – abbiamo 72mila autori non c’è mai nessuno che si sia lamentato perché prendeva troppi soldi”.
Gaia Bottà