SIAE e foto, la parola a Homolaicus.com

SIAE e foto, la parola a Homolaicus.com

L'insegnante che gestisce il celebre sito didattico a cui SIAE ha chiesto il pagamento per l'uso di certe immagini replica alle affermazioni della SIAE pubblicate ieri da PI. La SIAE - dice - vuole ignorare come funziona il web
L'insegnante che gestisce il celebre sito didattico a cui SIAE ha chiesto il pagamento per l'uso di certe immagini replica alle affermazioni della SIAE pubblicate ieri da PI. La SIAE - dice - vuole ignorare come funziona il web

Cesena – È singolare che la SIAE dica , in via preliminare, che chiunque in rete deve pagare i diritti d’autore agli artisti protetti, a prescindere dal carattere lucrativo del proprio sito, e poi, per giustificare i propri “diritti”, si appelli al fatto che anche i siti didattici contengono aspetti commerciali attraverso i banner.

Questo sta semplicemente a significare che la SIAE sa bene d’aver iniziato a comportarsi in rete in maniera del tutto anomala e che, nel contempo, per poter applicare al web le stesse regole della vita reale, deve necessariamente sostenere la presenza di un carattere “lucrativo” nei siti didattici.

Le affermazioni relative alle pubblicità presenti nel sito homolaicus.com denotano solo una profonda incomprensione di come funzioni il web. Le uniche inserzioni che in Homolaicus rendono un minimo sono quelle di Google (i cui contenuti sono contestuali agli argomenti trattati), le altre sono tutte a scopo gratuito o di scambio banner o di pari reciprocità e visibilità, o comunque tali da non giustificare affatto alcun carattere commerciale del sito. E lo posso dimostrare in qualunque maniera.

Si dirà che la SIAE non può sapere se da un circuito banner il webmaster ricava o no qualcosa. Ma a noi docenti quando mai è stato detto che un semplice circuito banner trasforma, eo ipso, un sito da didattico a commerciale?

La SIAE è in rete da un decennio, esattamente come i docenti, e non s’è mai comportata così nei nostri confronti. Noi siamo funzionari pubblici, dipendenti di un Ministero, svolgiamo un ruolo socialmente rilevante, tutelato dalla Costituzione (non è forse anche dalla formazione che dipende il destino di un paese?). È da quando è nato il web che agiamo per il bene della didattica e della cultura e quindi anche dell’arte: fino adesso ci siamo limitati a citare le fonti e a scambiarci gratuitamente i materiali. Chi autorizza la SIAE a impedirci dal continuare in questa maniera?

Noi docenti non abbiamo ricevuto disposizioni in merito dal nostro Ministro. Chiediamo anzi che intervenga con un provvedimento urgente e ci dica come comportarci. La SIAE ha 80.000 artisti da tutelare, ma noi abbiamo milioni di mega da controllare.

La SIAE avrebbe dovuto dare comunicazione in una conferenza stampa che aveva intenzione di interpretare la legge 633/1941 in maniera restrittiva per il web didattico e culturale e che, dopo un certo periodo di tempo, si sarebbe comportata in maniera conseguente. Tutto il detto web si sarebbe certamente messo in regola: non a caso nelle interrogazioni parlamentari è stata chiesta una moratoria.

Colpire così proditoriamente i docenti, senza alcun preavviso, mettendoli in una condizione peggiore di quegli studenti che fanno pirateria informatica e che facendola privatamente e senza scopo di lucro, non vengono sanzionati, è stata un’azione a dir poco inqualificabile. Peraltro nel sito della SIAE, per andare a recuperare il file pdf (non esiste neppure un motore di ricerca interno) degli autori protetti, bisogna fare i salti mortali. Non hanno neppure pensato di metterlo nella home page.

Grave comunque resta l’affermazione secondo cui tutti i siti che presentano inserzioni commerciali sono commerciali. Gli ad-sense di Google si trovano su qualunque sito, ma non per questo ogni sito è dotato di p. iva, è iscritto al registro delle imprese, tiene una contabilità… Non riuscire a capire questa cosa è singolare per una Società che dispone del proprio dominio dal 1997.

Che cos’è che qualifica come “commerciale” un sito? Il fatto di vendere beni o servizi, materiali o immateriali, il fatto di avere un carrello, di fare ecommerce o business to business, nonché il fatto di poter fare tutto questo secondo le regole giuridiche previste dalla legge. Homolaicus non fa e non potrebbe fare nulla di tutto questo. Tant’è che la stessa SIAE è costretta a dire che nei miei confronti è stata indotta ad applicare “tariffe ridotte, in considerazione dell’uso culturale”. Il che in sostanza vuol dire che per la SIAE tutti i siti, solo per il fatto di utilizzare immagini protette, diventano siti “commerciali” e che solo in subordine, in ragione dei loro contenuti culturali, possono beneficiare di sconti.

Di qui l’improprietà dell’esempio addotto per giustificare la riscossione dei diritti d’autore: “Se pubblico un libro con decine d’immagini tutelate, il diritto d”autore va corrisposto o no?”. Homolaicus non è un editore che pubblica libri con immagini tutelate. Quando “pubblica” qualcosa non lo fa come “editore”, a meno che per la SIAE non valga l’assunto, del tutto arbitrario, che qualunque webmaster sia ipso facto un editore. Tutti i testi di Homolaicus sono originali e riproducibili in forma gratuita, oppure sono stati presi dalla rete in quella forma che gli americani chiamano “as is”, cioè “qua talis”, e se a volte vi sono state lacune nella individuazione della fonte, la cosa s’è sempre risolta amichevolmente coi diretti interessati.

Non ha poi alcun senso tecnico sostenere che le immagini usate in un sito web siano una riproduzione fedele dell’originale, quando tutti sanno che il formato jpeg è quanto di più precario si possa pensare a tale scopo, al punto che nessun “editore” si sognerebbe mai di utilizzare le immagini di un ipertesto per farci un libro o un poster o una locandina. Le immagini che ho usato io sono tutte a bassa risoluzione e inutilizzabili persino per uno screensaver.

Ma ciò che più mi mortifica come uomo, come insegnante, come operatore culturale, come amante dell’arte in generale non è tutto questo: è piuttosto il fatto che si insista nel dire che mettendo nel circuito banner cose non attinenti all’arte io violo la dignità morale degli artisti.

Su questo vorrei precisare alcune cose per me molto importanti e facilmente dimostrabili: tutti gli ipertesti rimossi contenevano esclusivamente gli ad-sense di Google (non mi sarei sognato neanche lontanamente di associare – come dice il responsabile dell’Uff. Arti Figurative – “gli alberghi della Riviera romagnola” con “Matisse”: frasi di questo e altro genere presenti nell’ intervista non potranno certo cadere nel vuoto). Il circuito banner appare in tutte le sezioni principali del sito, che è di tipo “generalista”.

In secondo luogo l’immagine di Picasso usata nel puzzle non è stata affatto scomposta o manipolata: le tessere che si vedono sono semplicemente un effetto ottico dell’applicativo in java. E in ogni caso anche se l’avessi scomposta non può certo essere la Siae, che è società privata commerciale, a dire che quel puzzle viola la dignità morale di Picasso. Dov’è quel critico d’arte che direbbe la stessa cosa?

In terzo luogo voglio dire che un docente dovrebbe sentirsi libero di apporre cerchi quadrati linee su un dipinto per poterlo meglio interpretare. Se tale azione didattica fosse del tutto immorale, andrebbe considerata tale anche dopo aver pagato i diritti patrimoniali e non la si dovrebbe neppure vedere nei manuali scolastici.

In quarto luogo debbo dire che la SIAE non può chiedere ai docenti di disinteressarsi dell’arte degli ultimi 70 anni o di farci pagare i diritti sopra, come se dall’affronto critico di quell’arte essi dovessero ricavarci chissà quali interessi personali. In realtà il nostro lavoro è quello di esaltare il genio creativo degli artisti e quindi, indirettamente, inevitabilmente, di incrementare, a titolo gratuito, i loro diritti patrimoniali e dei loro eredi.

Lo sanno gli eredi di Picasso, Kandinsky, Klee, Matisse, Marinetti, Balla, Severini, Braque, Cangiullo, Carrà che, obbligandomi a rimuovere 70 mega di materiali dedicati a loro, la Siae ha danneggiato gravemente i loro interessi? Davvero questi eredi avrebbero preferito che avessi messo tutto in un’area riservata? E per quale ragione un giornalista che avesse fatto la stessa cosa non avrebbe pagato nulla alla SIAE, in virtù del suo diritto di cronaca?

Enrico Galavotti
www.homolaicus.com

Sull’argomento vedi:
Siae: paghi chi pubblica online foto di opere
Gli insegnanti: giù le mani dal non profit
Foto online e SIAE, interrogazione parlamentare
Foto sui siti italiani e diritti, la parola alla SIAE

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Pubblicato il
15 feb 2007
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