Mark Zuckerberg lo definisce “il nostro modo di dare una mano”: il pulsante Safety Check appena presentato da Facebook dovrebbe servire a semplificare la comunicazione in caso di calamità e catastrofe , dovrebbe essere un modo semplice per dire a tutti “sto bene!” quando ogni altra forma di comunicazione risulta impossibile. A condizione che si abbia a portata di mano un dispositivo che abbia accesso a Facebook.
Il nuovo sistema approfitta delle capacità di geolocalizzarsi dei più moderni smartphone e tablet (ma si appoggia anche alla località indicata come residenza nel profilo, e all’IP di provenienza durante l’ultima connessione dal PC): se, come si è verificato nel 2011 in Giappone o più recentemente anche qui in Italia, una specifica area geografica risulta colpita da un evento naturale catastrofico allora una particolare modalità di interazione si attiva sul social network. A quel punto Facebook proporrà due opzioni: confermare di stare bene, in modo che tutti i proprio contatti possano sincerarsene, e verificare che i propri conoscenti in zona siano a loro volta sani e salvi . Naturalmente si tratta di informazioni che resteranno confinate alla sfera privata dei propri “amici” su Facebook, in modo tale da non svelare neppure al mondo intero dove ci si trovi.
È stato sempre lo stesso Mark Zuckerberg a spiegare che l’evento che ha fornito l’idea e lo stimolo per creare Safety Check è stato il terremoto giapponese del 2011 , quello a cui seguì uno tsunami che a sua volta causò l’incidente nucleare di Fukushima: secondo la Croce Rossa, all’epoca ci furono 12,5 milioni di cittadini coinvolti dal sisma e molti di loro (secondo Facebook, ma è qualcosa che fa già parte dell’esperienza comune ) utilizzarono i social media per tenersi in contatto e verificare la situazione propria e altrui. All’epoca il team di sviluppatori nipponici di Facebook mise in piedi uno strumento preliminare, una sorta di bacheca, per facilitare la comunicazione nell’immediato: l’esperienza di allora, unita ad alcune riflessioni generate dalla pratica, hanno poi dato il la alla creazione dello strumento finale che oggi l’azienda propone ai suoi utenti.
L’idea di utilizzare strumenti familiari per connettersi ai propri cari durante l’emergenza non è una novità assoluta: sono in molte le sperimentazioni e i tentativi fatti in tal senso, anche da nomi altisonanti come nel caso del Public Alerts di Google, ma ci sono anche stati casi paradossali di regimi politici che hanno ostacolato l’impiego della tecnologia a questo scopo. L’iniziativa di Facebook insomma non è la prima e non sarà l’ultima, anche se probabilmente occorrerebbe maggiore attenzione anche da parte dei governi per designare un metodo unico e univoco di impiego per questi strumenti nell’interesse comune, anche per fornire connettività nei momenti critici , invece di costringere i cittadini a rivolgersi a uno o più soggetti privati .
Luca Annunziata