Dread Pirate Roberts, al secolo Ross Ulbricht, è stato condannato nell’ambito del caso Silk Road sulla base di sette capi d’accusa tra traffico di stupefacenti e spaccio tramite Internet, tra violazione delle leggi anti-narcotici in combutta con altri soggetti, riciclaggio di denaro e hacking. Il mese scorso, chiamando in causa vizi procedurali come il ritardo nella presentazione di certi documenti, che avrebbe impedito di fare giustizia, aveva chiesto che il processo venisse celebrato di nuovo: richiesta respinta .
“Non c’è fondamento fattuale o legale per accogliere la richiesta, e per questo motivo è stata negata”: così il giudice Katherine Forrest ha stroncato le speranze di Ulbricht, che potrà in ogni caso decidere di ricorrere in appello. Secondo il magistrato statunitense la colpevolezza di DPR sarebbe evidente: Ulbricht e il suo legale non hanno presentato alcun tipo di motivazione valida che apra la possibilità di ribaltare il giudizio nei suoi confronti.
Il giudice ritiene dunque che le procedure adottate dall’accusa non abbiano in alcun modo orientato lo svolgimento del processo: è vero che due agenti federali sono stati accusati di aver adottato pratiche illegali nel corso delle indagini, spiega il magistrato, ma è altresì vero che i documenti raccolti in quel frangente non sono stati utilizzati nel corso del dibattimento, e che fare luce sulla questione non offrirebbe elementi utili a riconfigurare la posizione di Ulbricht. “Il fatto che gli agenti abbiano potuto abusare dei loro poteri – riferisce Forrest – non suggerisce in alcun modo che Ulbricht non si possa identificare con Dread Pirate Roberts.”
Mentre la narrazione intorno alla figura di Ulbricht si intesse di nuovi vividi dettagli , la sentenza di primo grado si avvicina: l’udienza è fissata per il 15 maggio.
Gaia Bottà