La giustizia cinese ha riconosciuto ad Apple un punto nella annosa battaglia ingaggiata nel paese per difendere il proprio servizio di assistente vocale Siri.
Il caso, avviato nel 2012 della telco Zhizhen Network Technology dopo un primo approccio negoziale con Cupertino, verte su un brevetto che l’azienda ha depositato nel 2004 e si è vista riconoscere nel 2006: pensato come un bot capace di integrarsi alle chat di MSN e Yahoo, poi sviluppato come un’applicazione per iOS e Android, il titolo descrive delle tecnologie che secondo l’azienda cinese sono state ricalcate da Siri, l’assistente digitale che Apple ha messo a disposizione dal 2011 per i propri dispositivi.
Zhizhen nel 2013 aveva chiesto il blocco delle vendite dei dispositivi che integrassero Siri, Apple si era invece battuta nel tentativo di far invalidare il brevetto presso l’ufficio cinese che vigila sulla proprietà intellettuale. Cupertino non aveva incassato pacificamente il rifiuto delle autorità cinesi, e si era rivolta alla giustizia ordinaria per chiedere una revisione della decisione: richiesta respinta . La caparbietà della Mela, però, ha conseguito il primo riscontro.
In appello, Apple ha convinto il tribunale ad ordinare all’Ufficio Brevetti di riesaminare il titolo di Zhizhen, per invalidarlo: secondo il giudice, il brevetto si rivelerebbe vago e non coprirebbe con precisione le tecnologie necessarie a sviluppare il sistema di assistente digitale che descrive, requisito necessario per il riconoscimento della proprietà intellettuale.
Gaia Bottà