Roma – In Siria dal 2000 ad oggi sono stati chiusi 160 siti connotati politicamente, spazi web realizzati dall’opposizione alle incancrenite istituzioni della repubblica siriana (nella foto qui a lato il presidente Bashar al-Assad). Lo ha denunciato in queste ore il Centro siriano per i Media e la Libertà di espressione, che teme un ulteriore giro di vite.
“La campagna censoria – ha spiegato il presidente degli attivisti, Mazen Darwish – sta subendo una accelerazione. Quei 160 siti erano gestiti da partiti politici curdi, da gruppi di opposizione, erano giornali, spesso prodotti in Libano, oppure associazioni per i diritti umani, organizzazioni islamiche e della società civile”.
Vi sarebbe da parte del regime siriano, di certo non nuovo a censure sulla rete , un intervento chirurgico sulla rete, tanto che già da tempo lo stesso Darwish denuncia il problema dell’autocensura : il rischio di essere denunciati o arrestati è tale che si preferisce tacere, o omettere nello scrivere online particolari particolarmente “sensibili”.
A detta degli attivisti, la censura siriana è giunta ad un alto livello di precisione e “punta al controllo degli utenti Internet”, che proprio in rete trovano, o vorrebbero trovare, nuovi spazi di dialogo.