Facebook è un covo di netizen sovversivi, un coacervo di pensieri pericolosi che sfuggono al controllo governativo: per questo motivo le autorità siriane hanno decretato il blocco del social network.
Interrogatori a tappeto, arresti, oscuramenti e censure: complici gli ISP , la lista nera dei siti sottoposti a controlli e blocchi comprende blog , pagine personali e siti di organizzazioni che si battono per i diritti civili. La Siria è annoverata da Reporters Sans Frontières fra i nemici di Internet , e Open Net Initiative ne descrive la rigidità delle pratiche censorie. Poco importa che, nonostante le promesse del governo , i tassi di penetrazione delle tecnologie digitali stentino a decollare , poco importa che solo sei siriani su 100 abbiano accesso alla rete: gli sparuti netizen locali non hanno diritto ad accedere a Facebook.
Le motivazioni del blocco? Le autorità locali non hanno fornito alcuna spiegazione ufficiale e i cittadini siriani della rete si interrogano a riguardo e suggeriscono tecniche per aggirare blocchi e repressioni.
Facebook, spiega Reuters , in Siria è un mezzo di comunicazione utilizzato dai cittadini per mantenere i contatti con amici e parenti emigrati all’estero. Sono molti anche gli uomini d’affari che gestiscono sul social network delle pagine personali, molti i gruppi che spalleggiano l’operato del governo. Ma sembrano bastare aliti di libertà di espressione e il timido aggregarsi di una società civile online per scatenare la reazione delle autorità.
“Facebook ha aiutato a consolidare la società civile in Siria e a stimolare il confronto fra gruppi di cittadini al di fuori del controllo del governo”: così spiega l’azione repressiva Dania al-Sharif, che lotta in Siria per garantire alle donne pari diritti. A parere di altri netizen l’operato del governo mira a tagliare i legami dei cittadini siriani con l’estero, rendendo impossibile di fatto testimoniare la fragilità della “democrazia” siriana. Dello stesso parere un’associazione locale che si batte per i diritti umani: le autorità hanno comunicato loro che Facebook è stato bloccato perché veicolo della cultura israeliana che potrebbe corrompere la morale dei giovani siriani. A parere di Ammar al-Qurabi, a capo dell’associazione, la giustificazione fornita non serve che a nascondere il fatto che il governo siriano non tolleri le voci di dissenso .
Ma secondo alcuni blogger l’azione delle autorità siriane non ha come target cyberdissidenti o gruppi di attivisti. Intende piuttosto stroncare sul nascere un atteggiamento dei cittadini siriani che la rete sembra poter incoraggiare. “Non stiamo parlando di un blocco di uno strumento di social networking – ha spiegato Golaniya sul blog Decentering Damascus – stiamo parlando del blocco di uno strumento capace di rendere consapevoli i nostri concittadini, del blocco di un’opportunità di esprimersi”.
Gaia Bottà