A lanciare l’allarme è stato un gruppo di hacker svedesi, alle prese con gli archivi elettronici dell’agenzia per le telecomunicazioni del governo siriano. Più di 50 gigabyte di dati erano stati scaricati alla fine dello scorso agosto , da parte del collettivo noto come Telecomix .
Analizzando nel dettaglio le informazioni trafugate, il collettivo ha fatto una curiosa scoperta: la società statunitense di networking Blue Coat avrebbe offerto alle autorità siriane alcuni dispositivi per le attività di filtraggio e monitoraggio di servizi e applicazioni web .
I membri di Telecomix sarebbero riusciti a scoprirlo tramite analisi dei vari indirizzi IP associati al governo locale. Alcuni di questi hanno fatto capo ad un gruppo di dispositivi distribuiti da Blue Coat . Nonostante il blocco delle esportazioni stabilito da Washington nel 2004.
I vertici della società californiana hanno tuttavia respinto ogni accusa. Nessun dispositivo o servizio sarebbe mai stato venduto al governo siriano. Che avrebbe a sua volta sfruttato le tecnologie di Blue Coat per individuare eventuali dissidenti politici o comunque bloccare determinati siti web .
Blue Coat non è il primo gigante del networking a finire nel mirino anti-censura. Già Cisco Systems era stata accusata di aver fornito al governo cinese un meccanismo di sorveglianza noto come Golden Shield (scudo dorato), sfruttato fra l’altro da Pechino per individuare vari esponenti del movimento spirituale Falun Gong.
Mauro Vecchio