Un lungo post di spiegazioni, pubblicato dal Chief Development and Operations Officer di Skype Mark Gillet. I responsabili del popolare servizio VoIP non avrebbero mai pensato all’adozione di strumenti per l’intercettazione telefonica, né tantomeno modificato la sua architettura a supernodi per facilitare le operazioni di spionaggio da parte di Microsoft , o del governo degli Stati Uniti.
Recenti interventi online avevano seminato il panico tra i milioni di utenti della piattaforma di BigM. Il ricercatore Kostya Kortchinsky (esperto reverse engineer di Skype) aveva sottolineato come i cosiddetti supernodi – che oltre a veicolare traffico, tengono traccia della topologia della rete e della presenza dei client, come una sorta di DNS interni alla rete stessa – siano in realtà ospitati in modo permanente su server dedicati, attestati sull’infrastruttura centrale gestita da Microsoft .
“Le decisioni per l’architettura di Skype sono basate sul nostro desiderio di fornire il prodotto migliore agli utenti – ha ora spiegato Mark Gillet – Skype era intenzionata a spostare i supernodi verso il cloud computing, ancor prima dell’acquisizione da parte di Microsoft”. Dunque, uno spostamento deciso solo ed esclusivamente per “aumentare il livello di affidabilità della piattaforma” .
Con le infrastrutture terze di Amazon EC2 e appunto i data center controllati da Microsoft, Skype vuole migliorare l’esperienza per gli utenti. Cercando di velocizzare i tempi di risposta ad eventuali problemi tecnici riscontrati dalla community . “La virata verso i supernodi non vuole affatto facilitare un più vasto accesso alle comunicazioni degli utenti da parte delle agenzie governative”, ha continuato Gillet.
E così Skype ha confermato un continuo impegno per offrire ai suoi utenti un servizio “veloce, sicuro, affidabile e in molti casi gratuito”. L’ipotesi di un vasto piano di intercettazioni studiato con Microsoft sarebbe “assolutamente contrario alla filosofia di Skype”. C’è chi si è però interrogato sul senso profondo di un’acquisizione da oltre 8 miliardi di dollari per un servizio basato sulle chiamate gratuite via Internet.
Mauro Vecchio