Roma – Skype si sente minacciata da alcune misure restrittive, dirette e indirette, proposte o messe in atto su più fronti da governi e altre compagnie. In Europa la normativa sulle telecomunicazioni, nota sotto il nome di Electronic Communications Framework , verrà aggiornata entro metà aprile: alcuni degli emendamenti proposti con il Pacchetto Telecom introdurrebbero il principio secondo cui gli ISP sono liberi di bloccare servizi e siti, inclusi P2P, VoIP e streaming, fin tanto che l’utente ne sia informato e abbia la possibilità di cambiare provider. Tralasciando le ovvie implicazioni sulla net neutrality e le pastoie burocratiche nel transito da un operatore all’altro, resta il problema di quei paesi dove tutti i fornitori d’accesso impediscono un determinato servizio in barba alle esigenze dei cittadini.
Firmataria con Google, Yahoo!, Amazon, eBay ed altri, ha lanciato un appello agli europarlamentari perché salvaguardino gli interessi dei loro elettori. “Sarebbe come se le compagnie elettriche decidessero quali frigoriferi e TV puoi comprare oppure no”, ha commentato sul blog aziendale Jean-Jacques Sahel, capo del team dei Rapporti Governativi con l’UE di Skype.
Nemmeno negli USA sembra esserci pace per il noto gestore di telefonia via Internet, con Mozilla e EFF che hanno richiesto all’ufficio brevetti statunitense una deroga al DMCA per lo sblocco dell’iPhone in quanto l’uso di software VoIP sul cellulare Apple è limitato al solo WiFi. Ad oggi non esiste un client ufficiale dalla casa lussemburghese sul melafonino, solo applicazioni concorrenti di terze parti nell’App Store, e con ogni probabilità bisognerà aspettare l’esito di questa vicenda prima di vederne uno.
Il sondaggio commissionato da Skype all’americana Zogby cerca conferme alla sua tesi sulla libertà di accesso ai servizi tra la popolazione: dei tremila intervistati in Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone e Spagna il 70% non ha mai scaricato un applicativo sul proprio cellulare, una percentuale analoga dichiara di non provare un pari controllo del proprio telefonino rispetto al PC di casa, pochi di meno vorrebbero essere loro stessi a scegliere di quali programmi disporre piuttosto che delegare il compito agli operatori telefonici. Va in controtendenza la Spagna, isola felice dove metà del campione ha effettuato almeno un download ed altrettanti sono disposti a pagare per il software installato sul telefono. Secondo Scott Durchslag, COO di Skype, questo avviene perché il modello virtuoso funziona e bisogna “Dare all’utenza quei servizi voce, video, filesharing ecc. analogamente a quanto avviene sul computer casalingo”. “L’utenza – spiega Durchslag – si aspetta la libertà di installare quel che vuole, dove vuole”.
Fabrizio Bartoloni
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