Forse non tutti sanno che la stampa 3D è una tecnologia vecchia di 30 anni, ma sarebbe meglio dire “in continuo sviluppo e mutamento da 30 anni”. La Stereolitografia , sviluppata nel 1986 sulla base di un’idea di Chuck Hull, poi fondatore di 3D Systems , è stata la prima forma in assoluto di prototipazione rapida. Ed è da qui che partirà il nostro percorso di approfondimento sulla stampa 3D.
La stampa 3D basata sulla stereolitografia, anche semplicemente identificata con l’acronimo SLA ( StereoLithography Apparatus ) sfrutta il processo di fotopolimerizzazione/solidificazione di un liquido (resina fotosensibile composta da polimeri epossidici) che, versata in una vasca, viene colpita da un laser (solitamente del tipo ad alta frequenza e luce pulsata). Nella maggior parte dei casi, la proiezione della luce avviene dal basso e raggiunge il liquido grazie al fondo delle vaschette realizzato in silicone trasparente. Nel funzionamento di questa tecnologia è fondamentale il piano di costruzione , al quale dovrà rimanere attaccato l’oggetto che si desidera riprodurre. Questo piano si muove tipicamente dal basso verso l’alto. Nella costruzione del primo livello dell’oggetto, in gergo ” layer “, il piano di costruzione va a sfiorare il fondo della vaschetta e il laser traccia la sagoma della base dell’oggetto solidificando la resina. Il liquido, una volta induritosi per esposizione alla sorgente luminosa, si lega alla piastra di costruzione che, finito il primo livello, si muoverà infinitesimamente verso l’alto per far filtrare il polimero liquido tra lo strato ormai indurito e il fondo della vaschetta. Di nuovo, il liquido sarà esposto alla luce, ripetendo il ciclo fino al completamento dell’intero processo. Esistono anche stampanti SLA in cui il movimento del piano è dall’alto verso il basso e la sorgente luminosa è posta in alto.
Parenti strette delle stampanti SLA sono le stampanti DLP ( Digital Light Processing ) che differiscono dalle prime per la natura della sorgente luminosa. Il laser viene sostituito da un “classico” proiettore HD.
Le stampanti SLA e DLP sono comunemente dette “stampanti a resina” o “fusione additiva”. La sostanziale differenza tra le due tecnologie è il tempo di realizzazione dell’oggetto, in quanto nella DLP lo strato di resina, colpito dal fascio di luce del proiettore, indurisce contemporaneamente in tutti i punti appartenenti allo stesso layer. Nelle stampanti che usano il laser, inoltre, il layer viene composto più lentamente, in quanto il fascio di luce generato dal raggio deve “disegnare/percorrere” tutto lo strato.
Le stampanti SLA, di contro, riescono spesso a garantire, con un investimento economico meno importante, una qualità e un dettaglio di stampa superiore alle “sorelle” dotate di proiettore.
Le stampanti a resina, in genere molto costose, sono macchine di livello professionale, dotate di una definizione di stampa tale da soddisfare aziende operanti nel jewellery design , nel biomedicale , nell’ ingegneria e nella meccanica . È opinione diffusa che la stampa 3D stia portando, e porterà ulteriormente negli anni a venire, un radicale cambiamento nella maggior parte dei settori produttivi: dall’architettura all’ingegneria aerospaziale.
I prezzi di acquisto, inoltre, si sono ormai stabilizzati ed è possibile trovare macchine professionali con tecnologia SLA già a partire da 5mila euro, con risoluzioni di stampa che spesso superano i 30 µm sull’asse Z e i 10 µm nel piano XY.
Ciò che in pochi conoscono è il profondo mutamento che si sta verificando nel settore orafo ed odontoiatrico. Stando alle previsioni effettuate da Smartech, in uno studio di maggio 2015 intitolato “Stampa 3D in Odontoiatria 2015: dieci anni di opportunità, di previsione e analisi”, le metodologie di produzione additiva soddisferanno almeno il 60% della produzione globale di protesi dentali. Il passaggio da analogico a digitale apporta un netto miglioramento per quanto riguarda la precisione e la velocità di realizzazione di modelli da lavoro, bite per roncopatie, guide chirurgiche, scheletrati dentali e permette addirittura di fabbricare denti provvisori con materiali certificati biocompatibili .
Le stampanti 3D a resina hanno avuto lo stesso impatto sul settore orafo grazie allo sviluppo di resine dedicate alla microfusione. Le stampanti 3D permettono oggi di realizzare oggetti in una resina idonea alla creazione del manufatto finito, tramite un processo comunemente noto come “cera a perdere”. Sono inoltre numerose le società di produzione di gioielli che stanno introducendo nel proprio ciclo di produzione le stampanti 3D. Di conseguenza iniziano ad affacciarsi sul mercato dei servizi specializzati in entrambi i settori: tra questi Step3D per il settore dentale e Design to Material per il settore orafo.
Le stampanti a resina si caratterizzano anche per un’ottima velocità di stampa, specialmente se si considera il dettaglio che riescono a raggiungere. La velocità media di stampa si aggira attorno a un accrescimento verticale pari al cm/ora; spesso su tutta l’area di stampa disponibile. Ci sono aziende che stanno però sviluppando nuove resine e metodi di proiezione tali da rendere questa tecnologia circa 4 volte più veloce che in passato. Tra queste, Carbon con la stampante M1 e Sharebot con Voyager WARP .
Gli svantaggi di questa tecnologia sono invece legati all’alto costo delle resine e degli accessori consumabili.
Per quanto riguarda mercato e produttori, in Italia ce la passiamo abbastanza bene. Sul nostro territorio troviamo alcuni tra i più importanti player del settore delle stampanti 3D a resina.
Tra questi, per citarne alcuni: DWS , F.lli Pelusi – che distribuisce le stampanti prodotte in collaborazione con Gatto 3D Printer – e Sharebot .
DWS (Digital Wax Systems) nasce a Vicenza nel 2007, da una lunga e consolidata esperienza nella prototipazione, ed esporta oggi il 95% dei propri prodotti in oltre 60 Paesi. DWS propone ben 8 sistemi di prototipazione e produzione rapida dedicati alla gioielleria e 7 al dentale. I costi sono elevati, ma rispecchiano la qualità delle macchine. Ultimamente è stata lanciata sul mercato XFAB , stampante 3D SLA che mira a conquistare una fascia di mercato più ampia. Il costo è di 5mila euro, il volume di stampa è equivalente ad un cilindro di diametro 180mm e l’altezza è di 180mm; la risoluzione in ZY molto elevata permette, inoltre, di stampare oggetti dal lato di 250 µm con uno spessore minimo di Z pari a 10 µm.
F.lli Pelusi ha nel settore orafo il proprio punto di forza. Le resine appositamente sviluppate e prodotte da Gatto 3D Printer hanno caratteristiche ideali per il processo di microfusione. Modello di punta è la BlueCat 3.0 che offre un volume di stampa equivalente a un cubo di 100x100x100 mm. Il diodo laser montato è a luce pulsata HQ 405nm e garantisce una vita superiore alle 5.000 ore di lavoro. Le risoluzioni sono ai vertici della categoria: 2 µm in XY e variabile tra i 5 e 100 µm in Z. La rigidità della struttura e la meccanica, congiuntamente alla qualità delle parti costruttive, garantiscono stampe perfette anche limitando i supporti degli oggetti, che in molte altre concorrenti a volte sono ridondanti (rendendo impossibile la stampa di oggetti minuti). Il costo non è particolarmente elevato in confronto alla qualità della macchina e alle sue caratteristiche.
F.lli Pelusi è presente sul mercato anche con BlueQitta , sorella minore della BlueCat realizzata sempre in collaborazione con Gatto 3D Printer, che offre a un prezzo interessantissimo (3.990 €) prestazioni paragonabili e ideali per produzione di stampe destinate al mondo dell’oreficeria con un’area di lavoro di 60x60x60mm.
La produzione F.lli Pelusi è 100% made in Italy e assieme a DWS rappresenta un punto di riferimento per tutti gli altri produttori di stampanti 3D.
Sharebot , altra realtà italiana, è presente sul mercato con stampanti appartenenti praticamente a tutte le tecnologie di stampa 3D. Nel campo delle resine, Sharebot sta puntando sempre più ad offrire soluzioni professionali da produzione. Tra le novità più recenti c’è Voyager WARP, presentata di recente all’ Additive Manufacturing Europe 2016 , una delle più importanti fiere di settore tenutasi ad Amsterdam dal 28 al 30 giungo. L’innovativo sistema WARP, sviluppato da Sharebot R&D in collaborazione con i tecnici di F.lli Pelusi, consente un’ottimizzazione del processo di stampa tale per cui il tempo di esposizione necessario per ogni singolo layer è ridotto a pochi centesimi di secondo. Grazie alla tecnologia WARP, la velocità di stampa di un modello in resina calcinabile RW-16 passa da 10mm/ora a 100mm/ora, velocizzando il processo di stampa e ottimizzando il flusso di lavoro.
Tra i migliori marchi stranieri, invece, non è possibile non citare Envisiontec (tedesca) e Formlabs (americana). La prima è leader del settore e fa parlare di sé per la qualità assoluta delle macchine e per le resine specifiche sviluppate dal proprio reparto Ricerca & Sviluppo.
La seconda invece sta conquistando con Form2 un’ampia fetta di mercato, grazie ad un ottimo rapporto qualità prezzo.
Stefano Reale
www.3dgarage.it