Anche in Italia arriva lo smart working o “lavoro agile”, o per meglio dire viene ufficializzato e contrattualmente riconosciuto dal nostro ordinamento legislativo. Il Senato ha dato il via libera in questi giorni al Ddl che regolamenterà il nuovo modo di lavorare (anche) da casa , dopo essere stato varato dal Consiglio dei ministri più di un anno fa.
Il lavoro agile rappresenta una possibilità contrattuale che impegna il lavoratore a prestare attività per l’azienda dalla quale percepisce lo stipendio senza essere fisicamente in servizio tra le mura aziendali o comunque non per tutto il tempo previsto dal contratto nazionale. Il lavoro può infatti essere svolto in parte da casa . “Promuove il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”: è questo l’obiettivo di questa apprezzata novità, che dovrebbe agevolare in particolare le donne, spesso costrette a rinunciare a un impiego per dedicarsi alla famiglia.
La normativa prevede giustamente che la modalità di lavoro agile sia stipulata per iscritto. È anche previsto che il lavoratore agile abbia diritto di essere considerato in caso di elargizione di eventuali premi di produttività e l’azienda avrà diritto al riconoscimento di relativi incentivi fiscali e contributivi. In maniera paritaria il lavoratore avrà diritto a una retribuzione così come previsto dal contratto nazionale del lavoro e al giorno di riposo (simpaticamente detto ” diritto alla disconnessione “).
Nessuno sconto in termini di sicurezza. Il datore di lavoro dovrà infatti garantire la salute e la sicurezza del lavoratore, così come previsto per chi ha un inquadramento standard, ivi compresa la garanzia di tutela contro gli infortuni durante la prestazione all’interno degli ambienti dell’azienda e nel percorso casa-lavoro.
Secondo l’ Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano già il 30 per cento delle grandi aziende ha intrapreso progetti in tal senso (a cui si aggiunge un ulteriore 11 per cento di aziende che contemplano queste modalità di lavoro nonostante la mancanza di un approccio sistematico). L’ultima in ordine temporale è Trenitalia, con un nuovo progetto sperimentale che coinvolge 500 dipendenti. Nel lavoro subordinato sarebbero 250mila i lavoratori flessibili nella modalità di esecuzione del lavoro in termine di luogo, orario e strumenti utilizzati. Dal 2013 la crescita sarebbe del 40 per cento.
Nel lontano 1999 si parlava di coworking o condivisione di spazi di lavoro con possibilità di lavorare a distanza . Chissà se i nuovi lavoratori agili, non più costretti a intrappolarsi all’interno delle mura aziendali, sentiranno l’esigenza di rifugiarsi in “sale di condivisione” o se preferiranno qualche bar dotato di connessione WiFi magari sfruttando qualche moderna app pensata per l’occasione.
Mirko Zago