Esponenti del governo dell’Arabia Saudita hanno avuto accesso allo smartphone privato di Jeff Bezos, sottraendo informazioni e contenuti di natura personale al fondatore e numero uno di Amazon. Questa la conclusione dell’indagine condotta da Gavin De Becker in merito a quanto avvenuto nei mesi scorsi: una vicenda complessa che coinvolge, tra gli altri, anche la testata statunitense National Enquirer.
Bezos, Sanchez, il Post e il National Enquirer
I vertici del settimanale hanno chiesto al CEO di specificare attraverso le pagine del Washington Post (acquisito negli anni scorsi da Bezos) che l’attività dell’editore non è influenzata da motivazioni di natura politica (il National Enquirer è apertamente filo-repubblicano e ritenuto vicino a Trump), minacciando in caso contrario di pubblicare fotografie dal contenuto esplicito scambiate con Lauren Sanchez, giornalista ed ex conduttrice, ritenuta la nuova partner di Bezos. Il diretto interessato ha parlato senza mezzi termini di un tentativo di estorsione, rimbalzando la domanda al mittente.
Trump, AMI e l’Arabia Saudita
Quali le motivazioni di una simile richiesta? Il Washington Post ha più volte scritto di incontri presso la Casa Bianca che hanno visto sedere allo stesso tavolo Donald Trump, David Pecker (CEO di Amarican Media Inc, l’editore del National Enquirer) e i reali sauditi, a breve distanza dalle elezioni che nel 2016 hanno visto uscire vincitore il magnate repubblicano. Secondo De Becker, qualcuno a Riad (capitale dell’Arabia Saudita) non ha gradito nemmeno gli articoli in merito all’uccisione di Jamal Khashoggi, scrittore e giornalista saudita, avvenuta nell’ottobre scorso presso il consolato del paese a Istanbul in circostanze ancora non del tutto chiarite. Si sospetta dunque una sorta di collaborazione tra il paese mediorientale e AMI, finalizzata a prendere di mira Bezos e il WP.
I nostri investigatori e diversi esperti hanno concluso con un elevato livello di certezza che l’Arabia Saudita ha avuto accesso al telefono di Bezos, sottraendovi informazioni private. Ad oggi non è chiaro se AMI, in qualche modo, fosse a conoscenza dei dettagli.
De Becker ha dichiarato di essere stato contattato da qualcuno di American Media Inc con la richiesta di negare la scoperta di qualsiasi prova relativa a “intercettazioni elettroniche o hacking” durante le indagini condotte. Quanto emerso è stato sottoposto all’attenzione delle autorità statunitensi affinché possano essere attribuite eventuali responsabilità.
Alcuni americani saranno sorpresi nel sapere che il governo saudita ha tentato di danneggiare Jeff Bezos fin dall’ottobre scorso, quando il Post ha cominciato a scrivere regolarmente dell’omicidio di Khashoggi. È chiaro che Mohammed bin Salman considera il Post un nemico.
Il principe Mohammed bin Salman
Mohammed bin Salman è figlio dell’attuale re Salman dell’Arabia Saudita, nonché suo erede, Primo Vice Primo Ministro e Ministro della Difesa. Alcuni articoli parlano di un suo possibile coinvolgimento indiretto (avrebbe dato il via libera) nell’uccisione di Khashoggi. L’ambasciata del paese ha negato subito dopo l’esplosione del caso qualsiasi tipo di coinvolgimento nella vicenda.
AMI ha sottolineato di aver agito nel rispetto della legge pubblicando, a inizio febbraio, alcuni messaggi privati scambiati da Bezos e Sanchez. Solo poche settimane prima era stato dato l’annuncio del divorzio tra il CEO di Amazon e l’ormai ex moglie MacKenzie Tuttle. Trump, di recente, ha fatto riferimento all’imprenditore con il nomignolo “Bozo” (in inglese “cretino”), a testimonianza di come i rapporti tra le parti siano tutt’altro che privi di tensioni.