Dopo Huawei un altro nome importante dell’industria tecnologica cinese rischia di finire nella Entity List degli Stati Uniti: si tratta di SMIC, letto per esteso Semiconductor Manufacturing International Corporation. È il player più importante del colosso asiatico per quanto concerne il mercato dei semiconduttori, secondo a livello mondiale solo al competitor TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing). A riportare l’indiscrezione è stata Reuters, sulla base di quanto raccolto da un rappresentante del Dipartimento delle Difesa.
USA: anche SMIC finirà nella Entity List?
Al momento utilizzare il condizionale è d’obbligo in assenza di conferme. La dinamica che si innescherebbe sarebbe la stessa già vista in passato: le realtà americane interessate a fare affari con SMIC dovrebbero per forza di cose prima richiedere e ottenere un’autorizzazione dal Dipartimento del Commercio.
Il commento da parte del gruppo asiatico non si è fatto attendere: l’ipotesi è stata definita “uno shock completo” e c’è la più totale disponibilità al colloquio con le autorità USA al fine di chiarire qualsiasi possibile fraintendimento o malinteso.
SMIC dichiara solennemente che l’azienda, una società pubblica quotata sul mercato azionario di Hong King e nello STAR Market di Shanghai, è un produttore internazionale di semiconduttori che ha rispettato rigorosamente le leggi e le norme di tutte le giurisdizioni nello svolgimento del proprio business. SMIC ha mantenuto collaborazioni strategiche di lungo termine con diversi fornitori statunitensi.
Al momento la Entity List include oltre 275 realtà cinesi, da quelle che operano nel territorio delle telecomunicazioni come Huawei e ZTE a Hikvision, produttore di dispositivi per la sorveglianza ritenuto responsabile di azioni repressive nei confronti della minoranza uiguri che vive nella parte settentrionale del paese.
Quel che a Washington si sta valutando è il presunto legame tra SMIC e le forze militari di Pechino, l’Esercito Popolare di Liberazione, aspetto sul quale l’amministrazione Trump ha più volte posto l’attenzione negli ultimi anni per stabilire a quali realtà cinesi permettere collaborazioni con le società statunitensi. Un rapporto fin qui smentito in via ufficiale dall’azienda stessa.