Intervistato per la prima volta da un’emittente statunitense, la NBC, l’ex-analista della National Security Agency Edward Snowden ha esordito con una delle frasi più comuni nelle dichiarazioni rese ai giornalisti: “Sono stato travisato”.
A non calzargli appieno, spiega, è in particolare la definizione di hacker e di amministratore di sistema di basso livello affibbiatagli dai principali media: lui in realtà era un esperto tecnico che ha servito come agente l’intelligence statunitense, con tanto di identità di copertura.
Snowden, che con le sue rivelazioni ha messo alla berlina le intercettazioni illegali compiute dal suo ex-datore di lavoro dando il via allo scandalo conosciuto come Datagate , è stato raggiunto dal giornalista statunitense in un hotel di Mosca dopo un viaggio alquanto avventuroso, nel quale l’inviato ha per esempio dovuto sviare le autorità russe dal motivo dell’ingresso nel Paese.
Nel corso della lunga intervista Snowden ha ripercorso le tappe che lo hanno portato in Russia ed in particolare cosa lo ha spinto a divulgare i documenti segreti: era a Fort Meade davanti all’ingresso dell’NSA l’11 settembre 2011, e ricordando la sofferenza provata e la serietà con cui aveva riconosciuto la minaccia terroristica si è sentito tradito da un Governo che ha sfruttato un trauma nazionale per giustificare pratiche illegali ed ingerenze intollerabili . Un’idea di sicurezza pagata a caro prezzo di libertà e privacy.
Quello che appare più interessante nel racconto di Snowden è poi la parte relativa alla sua fuga: ora – dice – si trova in Russia solo perché il suo progetto di scappare in America Latina è stato fermato da Washington che ha annullato il suo passaporto costringendolo a rimanere bloccato a Mosca . Dove, dice, non ha alcun rapporto con il governo russo.
Dagli Stati Uniti le risposte non si sono fatte attendere: mentre l’NSA ha divulgato la presunta email con cui Snowden dice di aver avvertito i vertici delle azioni illegali prima di decidere di fuggire con i documenti riservati, alcuni osservatori mettono in dubbio che la sua permanenza in Russia abbia a che fare con la tempistica di blocco del suo passaporto (avvenuto un giorno prima, quando si trovata ancora ad Hong Kong) e che – in quanto agente addestrato dagli Stati Uniti – non sia ritenuto di assoluta utilità da Mosca.
Inoltre, Washington sembra ormai fortemente irritata con l’ex-agente: il Segretario di Stato John Kerry lo ha definito un codardo, un traditore che dovrebbe affrontare la situazione invece di fuggire.
Claudio Tamburrino