Il volto del Datagate , la fonte delle rivelazioni che hanno gettato luce sulle pratiche di tecnocontrollo adottate dall’intelligence statunitense e sodali, è comparso alla televisione russa nel corso di una sessione di domande e risposte con Vladimir Putin: Edward Snowden ha chiesto al presidente del paese che gli sta concedendo asilo se la Russia metta in atto delle pratiche di sorveglianza di massa.
La domanda è diretta: “La Russia conserva, intercetta o analizza, in qualche modo, le comunicazioni di milioni di individui?”. Una domanda che appare degna di una persona il cui impegno per la trasparenza ha fatto meritare il Pulitzer a coloro che ne sono stati testimoni, di una persona che è stata definita un eroe, e che si definisce un semplice cittadino con dei doveri in materia di libertà e giustizia.
La risposta è degna di un abile politico: “Signor Snowden – replica Putin con una sicurezza che desta sospetti riguardo al valore propagandistico dell’intervento della talpa del Datagate – lei è un ex membro dell’intelligence, una spia. Io lavoravo per un’agenzia di intelligence: parleremo in un gergo professionale”. “Le pratiche della nostra intelligence – queste le parole di Putin per come sono state tradotte dall’emittente di stato Russia Today – sono severamente regolate dalla legge: le nostre forze speciali possono usare certi strumenti per intercettare le telefonate o per seguire qualcuno online, ma è necessario avere il permesso dell’autorità giudiziaria per monitorare un individuo”. “Non abbiamo un sistema di sorveglianza di massa – assicura Putin – e la nostra legge non ne permetterebbe l’esistenza”.
È altamente improbabile che Snowden diventi il volto di una nuova glasnost , di un Datagate russo che metta in luce il funzionamento di soluzioni legali come SORM e di tutto quel che si cela dietro alla sicurezza della riposta di Putin.
Gaia Bottà