Niente Xbox, perché così ha deciso Microsoft. Niente giochi, perché così ha deciso Electronic Arts (e così anche Bungie, Epic Games e altri ancora). Ma anche niente PlayStation, perché così ha deciso Sony Interactinve Entertainment. Il gaming in Russia è completamente saltato, insomma, e la conferma del gruppo nipponico completa il quadro di un comparto intero messo in ginocchio dalle sanzioni.
Si tratta di una scelta che non bisogna in alcun modo sottovalutare, perché l’addio alle PlayStation (e alla disponibilità del PlayStation Store in Russia) è uno schiaffo alla coscienza della parte più giovane del Paese. Nel giro di pochi giorni, infatti, le nuove generazioni russe si trovano senza giochi, senza social network, senza McDonald’s, senza iPhone, senza Coca Cola, senza Netflix e molto altro ancora. Nel frattempo si vendono sempre più VPN nel Paese e le voci su quanto sta succedendo in Ucraina trapelano inevitabilmente attraverso le ultime voci libere rimaste.
Sony contro la Russia
La reazione di Sony non si ferma ai divieti nei confronti della Russia, ma si sviluppano altresì attraverso gli aiuti all’Ucraina: 2 milioni di dollari sono stati donati all’UNHCR per il supporto dei rifugiati e a Save the Children (proprio nelle ore in cui l’artiglieria russa ha devastato un ospedale pediatrico ucraino).
Ancora una volta l’appello del ministro ucraino Mykhailo Fedorov, insomma, è stato ascoltato ed è andato a segno: la guerra non è un gioco e nessun russo può permettersi di sparare per divertimento. Perché in Ucraina non è rimasto più nulla di divertente e il messaggio che Xbox e PlayStation mandano a Mosca è esattamente questo.
L’Occidente non sta punendo i giovani russi, però: in realtà confida in loro affinché possano sollevare la coscienza di un Paese che non può allinearsi con le scellerate mosse belliche del suo leader. Le proteste che vanno sollevandosi in Russia (pur filtrate dalla feroce macchina della propaganda) hanno fatto il giro del mondo, ma ad oggi non sono ancora sufficientemente incisive. La morsa delle sanzioni si stringe dunque di più, in attesa di un default che dovrà togliere il coperchio ad una situazione economica ormai sempre più fragile e compromessa.