Una joint venture tra aziende è come un matrimonio, può avere alti e bassi. E questo potrebbe essere un momento di “bassa” per Sony Ericsson , almeno dando ascolto alle parole di sir Howard Stringer, numero uno di Sony Corporation , secondo il quale le cose “potrebbero andare meglio” e che ritiene che per la salute del sodalizio sia necessaria una svolta.
È il giornale tedesco Die Welt a raccogliere in un’ intervista le dichiarazioni del presidente e amministratore delegato del colosso giapponese. Che, senza mezzi termini, attribuisce alla propria azienda i buoni risultati conseguiti dal brand cellulare: “Senza il nostro business musicale – ha osservato – Sony Ericsson non avrebbe ottenuto quel successo con la gamma di telefonini Walkman”.
Il mercato, però, non ha premiato il produttore, che da tempo soffre alle spalle di altri concorrenti, non ultimo Apple. Pur riconoscendo una situazione difficile, condizione alla base del declino di Sony Ericsson sul mercato, nelle parole di Stringer il “partner” Ericsson sembra però essere diventato pesante: “Una delle qualità più importanti, nell’era digitale, è l’agilità ed è più difficile essere agili in una joint venture che in una società, perché si è sempre impegnati in discussioni e negoziazioni. Noi ed Ericsson discutiamo sempre, su come rendere Sony Ericsson una realtà di successo”.
Alla domanda “Sony Ericsson esisterà ancora tra tre anni?”, la sua laconica risposta è stata: “Dobbiamo lavorare insieme come abbiamo fatto due anni fa, altrimenti la joint-venture dovrà trovare un suo destino”.
Ovviamente si tratta della posizione dei vertici di Sony, ma ciò non esclude che anche presso Ericsson si avverta la pesantezza di una situazione sempre più difficile da sostenere, nella consapevolezza che la lamentata mancanza di agilità sia da imputare all’unione di diverse teste pensanti che ovviamente non sempre possono pensarla allo stesso modo. Nei prossimi mesi sarà possibile capire se da questo “sfogo” di Howard Stringer potrà nascere una nuova era per Sony Ericsson. O se rappresenta l’inizio della fine della partnership nippo-svedese.