Canberra (Australia) – Viene accolto in queste ore con grande interesse un importante verdetto pronunciato dai massimi giudici australiani: stando alla Corte Suprema del paese, infatti, produrre, vendere ed installare chip che modificano le console videoludiche di Sony non è in sé un atto di pirateria .
La Corte si è trovata a giudicare un caso che opponeva il colosso giapponese ad un produttore di Sydney, un caso dal percorso travagliato: in primo grado il produttore è stato assolto da ogni accusa ma il colosso nipponico è riuscito a prevalere in appello, da qui la scelta del produttore di ricorrere alla massima corte.
Stando ai giudici, e questa è una delle parti più interessanti della sentenza, non si può parlare di pirateria quando si modifica una console allo scopo di utilizzarla per giocare con software del tutto legittimi: i mod chip in questione, infatti, erano accusati da Sony di bypassare i suoi codici regionali , ovvero di consentire l’utilizzo di games provenienti dall’estero su console australiane.
Ed è anche per questo che i giudici hanno voluto esprimersi più in generale sulle limitazioni geografiche imposte da Sony per poter gestire in modo differenziato prezzi e modalità distributive dei propri titoli: secondo i giudici questo genere di misure comprimono i diritti dei consumatori e riducono anche la competizione sul mercato.