Sony continua ad utilizzare le maniere forti contro George Hotz, l’hacker reo di aver sbloccato PlayStation 3: una corte distrettuale californiana ha concesso all’azienda l’accesso al suo account PayPal.
La decisione permette a Sony Computer Entertainment America di esaminare le donazioni fatte a favore del signor Hotz tra il primo gennaio 2009 e il primo febbraio 2011 alla ricerca esclusivamente di eventuali transazioni originate dal distretto della California del Nord , per stabilire se il giudice abbia le competenze giurisdizionali territoriali per decidere del caso.
I due anni di conti scrutinati, tuttavia, sembrano andare oltre l’hack che ha scatenato la causa e che risale a pochi mesi fa.
Sony a gennaio ha trascinato in tribunale l’hacker conosciuto come GeoHot, e ha già ottenuto (per gli stessi motivi di giurisdizione) tutti gli indirizzi IP di tutti gli utenti che avevano visitato il suo blog , guardato i suoi video-tutorial YouTube o semplicemente letto i suoi tweet più recenti, e ha altresì chiesto e ottenuto un’ordinanza restrittiva rispetto a tutti i siti che ospitavano i tool per aggirare il blocco di Sony.
In questi casi come con l’ultima ordinanza sui conti di GeoHot, non vengono mostrate particolari tutele rispetti ai diritti di privacy degli utenti che hanno interagito con lo smanettone 21enne finito sul banco degli imputati.
Su fronte tecnico, intanto, Sony riteneva di aver chiuso la falla con il firmware 3.60 ed essere così riuscita a bloccare l’avvio del codice illegittimo: tuttavia un altro hacker ha postato un video in cui mostra di aver aggirato l’aggiornamento, rimuovendolo tuttavia immediatamente “per non essere perseguito da Sony”: la sua testimonianza (che non entra nei dettagli ma si limita a mostrare il risultato del’hack, è stata tuttavia ripubblicata .
Claudio Tamburrino