Sony si trova sempre più al centro delle polemiche in seguito agli attacchi informatici subiti che hanno compromesso i dati personali d milioni di suoi utenti. Adesso l’Europa chiede chiarezza, un senatore degli Stati Uniti si domanda se abbia fatto tutto il possibile per evitare e porre rimedio alla situazione o se per negligenza non debba pagare ancora, l’Australia pensa addirittura ad un intervento normativo e dal Canada viene avviata una denuncia.
Il danno di immagine subito da Sony, e i mesi gratuiti offerti per ammansire gli utenti che hanno subito il furto, potrebbero non essere dunque le uniche conseguenze per la giapponese: il senatore statunitense Richard Blumenthal le ha inviato due lettere in cui esprime massima preoccupazione circa “l’inadeguatezza degli sforzi profusi da Sony, sia nell’avvertire i propri utenti delle intrusioni sia nel fornire adeguate forme di protezione a tutela di dati personali e finanziari”. Ha inoltre chiesto al procuratore generale Eric Holder di avviare un’indagine.
Proprio sulla finestra di tempo intercorsa tra l’attacco e l’allarme lanciato agli utenti vittime, tempo nel quale i dati avevano un valore ancora maggiore in quanto non individuati come rubati, ruota la principale accusa mossa a Sony, sia nella prima denuncia depositata, sia nelle indagini delle autorità locali.
La giapponese sembra inoltre in difetto dal punto di vista della gestione mediatica della vicenda, e dalle assicurazioni al pubblico circa il pronto ristabilimento della situazione e la rassicurazione dei suoi utenti: manca un numero cui rivolgersi nel caso in cui ci si trovi ad essere tra i 102 milioni di vittime del furto di dati, così come un’assunzione di responsabilità circa le conseguenze, limitandosi invece ad una striminzita offerta di “Bentornato” con un mese di abbonamento gratuito alle reti di giochi online per tutti gli utenti colpiti.
A nulla è valso poi il tentativo di minimizzare il primo attacco ( scoperto e comparso successivamente sulle cronache) sottolineando che fosse da considerare lo stesso che ha costretto offline il PlayStation Network e non un attacco diverso e ulteriore.
Con le stesse preoccupazioni, d’altronde, è intervenuto anche il commissario alla giustizia dell’ Unione Europea Viviane Reding, che ha detto, parlando anche di Apple tirata in ballo per la vicenda relativa al tracciamento dei propri utenti, che le due aziende devono approntare le “necessarie misure tecniche ed organizzative per garantire una protezione adeguata contro la perdita dei dati o l’accesso ingiustificato ad essi”.
In Giappone si è anche parlato di dimissioni per il CEO Howard Stringer, che però non ha commentato l’incidente limitandosi finora a far parlare il vicepresidente esecutivo Kazuo Hirai, che ora rischia di trovarsi a fungere da capro espiatorio.
In Australia , dove gli account coinvolti sembrano essere circa 1.560.791 (280mila quelli comprensivi di carte di credito), il ministro alla privacy Brandan Ò Connor si è detto “molto preoccupato” e ha auspicato nuove normative in materia per imporre alle aziende come Sony di rilasciare in maniera più tempestiva e trasparente le informazioni su eventuali violazioni con fuga di dati personali.
In Canada , infine, è stata depositato la seconda class action dopo quella statunitense: con essa si chiedono alla giapponese danni pari a 1 miliardo di dollari, comprensivi dei costi di monitoraggio dei servizi finanziari coinvolti e assicurazioni contro le frodi per due anni.
Claudio Tamburrino