Un miliardo di dollari, 750 milioni di euro all’incirca, di perdite: è questo il risultato per l’anno fiscale 2009 di Sony, un tempo la più florida delle industrie elettroniche d’oriente. Un risultato in rosso non si vedeva dalla metà degli anni ’90, e le previsioni per il 2010 non sono confortanti: il gigante nipponico lascia intendere che l’anno fiscale in corso potrebbe riservare sorprese amare analoghe, in virtù di una domanda che si è fatta e rimane fiacca, e di una concorrenza ormai più che agguerrita.
A parziale consolazione, i 98,9 miliardi di yen di bilancio negativo riportati dal CEO Howard Stringer la scorsa settimana sono (di poco) inferiori alle previsioni più pessimiste fornite dalla stessa Sony all’inizio dell’anno : a tenere in piedi, se così si può dire, la baracca sono stati i risultati meno tetri del previsto del settore TV , che ha tenuto nonostante la flessione della domanda. Altro piccolo sostegno è arrivato da una modifica al regime fiscale del Giappone, che ha permesso (ma si tratta di un beneficio che si verificherà una sola volta) un risparmio sulle imposte.
In ogni caso, proprio le televisioni sono l’esempio lampante delle difficoltà in cui Sony si dibatte: nei punti vendita d’oltreoceano, così come in Europa, i suoi prodotti se la devono vedere con la serrata e agguerrita concorrenza coreana e taiwanese . Samsung, in particolare, è ormai il principale rivale in questo è altri comparti: con una gamma all’altezza se non superiore in alcuni casi a quella giapponese, grazie ai prezzi più contenuti riesce a strappare la preferenza dell’acquirente. Sony paga la scelta di modellare la propria offerta sui gusti del pubblico nipponico , da sempre incline a preferire prodotti più costosi in virtù di un contenuto tecnologico superiore.
Una scelta che in passato ha senz’altro garantito margini consistenti, ma che oggi mal si sposa con il mutamento delle condizioni del mercato : in periodi di crisi le spese si contraggono e gli acquirenti puntano su prodotti più economici. Ma non è solo una questione di prezzo: pure la PlayStation 3, che resta comunque la più costosa del lotto delle console, ha avuto i suoi bei grattacapi con una Nintendo Wii capace di fare proseliti tra i gamer grazie al suo approccio più casual all’attività ludica.
Anche questo, dunque, è un settore in cui Sony si trova in difficoltà e nel quale dovrà intervenire quanto prima, visto che oggi è difficile trovare un genere di elettronica di consumo in cui i prodotti giapponesi siano leader del mercato in fatto di vendite o di innovazione tecnologica: il marchio è schiacciato dalla concorrenza in fatto di fotocamere e videocamere, lettori multimediali e cellulari, senza contare tutti quei settori in cui Sony semplicemente non concorre (basti pensare a piccoli e grandi elettrodomestici) mentre i suoi avversari propongono soluzioni per tutte le tasche.
L’azienda ha già annunciato, e ribadito in questa occasione, l’avvio di un piano di tagli alle spese e licenziamenti: saranno 16mila i lavoratori Sony, temporanei o a lungo termine, che verranno tagliati dall’organico che al momento supera le 180mila unità. Allo stesso modo, mezza dozzina di stabilimenti in patria e all’estero verranno chiusi o temporaneamente fermati: l’obiettivo probabile è aumentare la fetta di produzione affidata a fornitori esterni rispetto ai livelli attuali, in modo da subire in futuro in maniera minore gli sbalzi monetari a cui lo yen sta abituando i mercati.
Come Sony, infatti, anche molte altre aziende nipponiche risentono in modo negativo del rafforzamento della valuta nazionale: uno yen forte significa costi di esportazione cresciuti , margini ridotti all’osso se non addirittura evaporati, e pesanti ripercussioni per produzioni che spessissimo avvengono sul suolo patrio. Come Sony, anche Toshiba ha annunciato l’intenzione di spostare all’estero (in outsourcing) buona parte della sua produzione, almeno il 50 per cento rispetto all’attuale 30: una mossa che, nel caso di Sony, quest’anno avrebbe consentito già di ridurre notevolmente le perdite.
Infine, nel quadro piuttosto fosco di questi annunci, qualcosa resta comunque in segno positivo: la divisione cinematografica, che ha avuto in cartellone quest’anno dei blockbuster come Quantum of Solace e Hancock , è uno dei pochi comparti che ha riportato degli utili. Da solo, tuttavia, non basterà a tenere in piedi l’intero business: per questo gli osservatori e gli analisti lasciano aperta la porta ad una eventuale scissione del colosso nipponico in diverse società , ciascuna con l’obiettivo di sviluppare prodotti diversi che, quasi mai fino ad oggi, sono riusciti a mettere in comune gli sforzi di ricerca e sviluppo per creare un’offerta organica e omogenea.
Luca Annunziata