Doveva essere morto e sepolto secondo le parole del CEO di MPAA Chris Dodd, ma a quanto pare lo Stop Online Piracy Act (SOPA) ha ancora la possibilità di far sentire i propri venefici effetti sugli utenti e i business di Rete grazie al contributo della Internet Policy Task Force (IPTF) del Dipartimento del Commercio statunitense.
In un rapporto pubblicato di recente , la IPTF ha formalizzato una raccomandazione per il Congresso che si richiama espressamente a una delle norme fissate nella succitata proposta SOPA: lo streaming online di contenuti protetti dal copyright deve essere elevato al rango di violazione penale e punita di conseguenza.
Al momento lo streaming non autorizzato è classificato (e sanzionato) come semplice infrazione , ma l’amministrazione Obama sembra voler forzare la mano con il chiaro intento di ripristinare parte di una legge – il SOPA Act, appunto – che nel recente passato ha sollevato ondate di proteste fra i netizen così come tra i colossi del business telematico.
Ma le autorità statunitensi non sono le sole a spingere l’acceleratore sul contrasto alla distribuzione non autorizzata di contenuti in formato digitale: anche in Russia il Ministero della Cultura promuove e rettifica una proposta di legge che ha l’obiettivo di facilitare la rimozione forzata di siti e pagine Web “illegali” da parte dei detentori dei diritti.
E i “six strike” per buttare fuori gli impenitenti internauti statunitensi che si dedichino al P2P “pirata”? Roba vecchia, almeno per Comcast: stando alle fonti di Variety , il provider statunitense è al lavoro per promuovere le alternative legali allo scaricamento selvaggio per mezzo della visualizzazione di popup sulle connessioni degli utenti beccati con l’IP nella marmellata, ovvero a condividere file sui network di file sharing come BitTorrent.
Alfonso Maruccia