Dopo i tentativi a vuoto della scorsa settimana, a causa di condizioni meteo avverse, i primi 60 satelliti Starlink di SpaceX sono stati correttamente portati in orbita da Falcon 9. Il lancio è avvenuto dalla Air Force Station di Cape Canaveral, impiegando in totale poco più di un’ora. Prende così il via l’iniziativa di Elon Musk che punta a offrire in tutto il pianeta un servizio di connettività a banda larga.
I satelliti Starlink di SpaceX
L’obiettivo è quello di assestare un colpo significativo alla piaga del digital divide che ancora affligge un numero non indifferente di territori. Le unità, ognuna delle quali dal peso di 227 Kg, sono dotate di un pannello attraverso il quale assorbire i raggi del sole e generare l’energia necessaria per il funzionamento. È solo il primo step del progetto, che proseguirà fino a portare in orbita migliaia di satelliti, circa 12.000 entro il prossimo anno, andando così a creare una rete capace di coprire in modo capillare l’intera superficie terrestre.
Starlink satellites are equipped with one solar array instead of two, minimizing potential points of failure pic.twitter.com/bJirVr67fF
— SpaceX (@SpaceX) May 24, 2019
I satelliti sono stati trasportati da Falcon 9 (atterrato poi correttamente per la terza volta) a un’altitudine di 440 Km in poco più di un’ora dal lancio, per poi impiegare il sistema di propulsione a bordo e percorrere la distanza mancante, fino a raggiungere circa 550 Km dal suolo, dove rimarranno in orbita e diverranno operativi.
Il 23 maggio, alle 10:30 p.m. EDT, SpaceX ha lanciato 60 satelliti Starlink dallo Space Launch Complex 40 della Cape Canaveral Air Force Station, in Florida. Starlink è la nuova generazione di network satellitare capace di connettere il pianeta, in particolare raggiungendo coloro ancora non connessi, con servizi Internet a banda larga affidabili e accessibili.
SpaceX non è certo la prima realtà che pensa a come fornire connettività dal cielo. Ci ha provato Facebook con i suoi droni del progetto Aquila, abbandonando l’idea e rimettendola poi in pista di recente in collaborazione con Airbus. Lo stesso vale per Google-Alphabet, che con l’iniziativa Loon adotta un approccio differente, ricorrendo a palloni aerostatici in movimento nella stratosfera.