Dopo il via libera della commissione istituita per la valutazione della proposta e l’ultima votazione positiva da parte del Senato diventa ufficiale la modifica spagnola alla legge sulla proprietà intellettuale, che introduce quella che è già stata ribattezzata Tasa Google .
Ad attirare l’attenzione , infatti è in particolare l’intervento sull’art. 32.2 della normativa nazionale di settore che impone il pagamento di un balzello da parte di tutti i siti che linkino a contenuti editoriali giornalistici : si tratta di quello che è stato soprannominato “canone AEDE” (AEDE è l’ Asociación de Editores de Diarios Españoles ) che introduce il diritto a favore degli editori di ottenere il pagamento di royalty da qualsiasi sito che offra link a propri contenuti con “una descrizione significativa” dell’operz cui si è indirizzati.
La legge, tuttavia, interviene in generale sull’enforcement della proprietà intellettuale online: tra l’altro introduce limiti alle possibilità di copia privata, aumentano le sanzioni contro la pirateria (raddoppiata la multa massima da 300mila a 600mila euro) e semplifica le procedure in caso di ricorso per violazione di diritto d’autore.
A premere per questa legge, naturalmente, l’industria dei contenuti spagnola: editori ed aventi diritto potrebbero tuttavia trovarsi con un palmo di naso proprio come successo in Germania agli editori che, poco dopo aver rinunciato alle anteprime dei contenuti sull’aggregatore di Google, hanno deciso di fare marcia indietro.
D’altra parte Mountain View, che ora si dice delusa per l’approvazione di una legge che saprebbe supportare gli editori con meno efficacia rispetto agli strumenti che mette a disposizione con Google News, già prima della votazione definitiva, aveva fatto intendere che se tale normativa fosse stata approvata avrebbe iniziato a prendere in considerazione l’ipotesi di rinunciare sic et simpliciter al mercato spagnolo. Questo non peserebbe certo sui numeri fatturati da Google, sempre che il nuovo Commissario europeo all’economia digitale Günther Oettinger non riesca a far passare la stessa linea: d’altronde in un’intervista ha già riferito che vorrebbe modificare la legge europea sul diritto d’autore per far pagare Google e compagnia per gli accessi ai contenuti degli editori.
Claudio Tamburrino