Una minacciosa missiva inviata all’attenzione dell’allora premier spagnolo José Luis Rodrìguez Zapatero, ottenuta in esclusiva dal prestigioso quotidiano locale El Pais . A firmarla, l’ambasciatore statunitense Alan Solomont, che paventava “azioni di rappresaglia” in caso di nuova bocciatura parlamentare della contestata Ley Sinde .
Ovvero delle misure legislative contro la proliferazione online dei contenuti in violazione del diritto d’autore, arrivate ora vicine all’applicazione dopo un tortuoso e dibattuto confronto. Si tratta in sostanza della versione iberica della statunitense Stop Online Piracy Act (SOPA), che permetterà ai singoli detentori dei diritti di ottenere ordinanze firmate da un giudice per l’oscuramento dei siti votati alla pirateria audiovisiva e del software .
Solomont ricordava a Zapatero l’inclusione della Spagna nella Special 301 , lista stilata dai signori dell’industria (e dalle autorità di Washington) per indicare i paesi meno attivi nella lotta alla condivisione illecita. Il governo di Madrid è stato spesso bacchettato per un approccio troppo morbido ai fenomeni del P2P e dello streaming selvaggio .
“La pirateria dilagante su Internet danneggia l’economia spagnola e le industrie culturali – ha spiegato Solomont nella missiva – E il governo spagnolo ha preso un impegno con i titolari dei diritti e con le stesse autorità statunitensi. Madrid non può veder minata la sua credibilità su queste problematiche”.
Ma di quali “rappresaglie” parlava l’ambasciatore a Madrid? Stando al report noto come Special 301 , i paesi pirata rischierebbero un deferimento presso la World Trade Organization . Oltre che l’annullamento di alcuni accordi internazionali, in particolare sulle tariffe doganali.
Mauro Vecchio