È una delle tesi più sfruttate dagli alti rappresentanti dell’industria legata all’intrattenimento globale. La circolazione illecita di contenuti pirata equivale a perdite economiche in termini di mancate vendite . In altre parole, per ogni film scaricato online c’è un ritorno fallito al botteghino o nel mercato dei DVD.
Non dello stesso avviso un giudice di Logroño, capoluogo della comunità autonoma di La Rioja. Sarebbe cioè impossibile quantificare i danni economici subiti dall’industria per ciascun contenuto distribuito in violazione del diritto d’autore . Una decisione che non ha certo trovato il favore dei titolari dei diritti riuniti nell’associazione AFYVE .
Secondo il parere del giudice iberico, i consumatori pirata deciderebbero fin dal principio di non optare per l’acquisto di materiale originale. Non avendo la minima intenzione di spendere 15 o 20 euro per un disco o un film in DVD . Questo assunto porterebbe all’inevitabile annullamento della tesi sbandierata dall’industria dell’ entertainment .
La stessa corte di Logroño ha poi sottolineato come la distribuzione di materiale pirata possa invece favorire il mercato legale . In sostanza, un possibile consumatore potrebbe acquistare un contenuto dopo averlo provato gratuitamente – e illegalmente – su Internet.
La tesi si sposa bene con quella sostenuta dall’ex-COO di EMI Douglas Merrill, che aveva riportato uno studio condotto dalla stessa etichetta britannica sulle abitudini di consumo degli utenti del defunto LimeWire. I risultati? Gli scariconi sarebbero in realtà i migliori clienti dell’industria, tra i più assidui acquirenti su iTunes .
Mauro Vecchio