Gli strumenti del P2P attentano al mercato, i protocolli che permettono ai cittadini della rete di condividere e scambiare contenuti sono di per sé violazioni. L’industria della musica si è scagliata contro uno sviluppatore spagnolo: con gli strumenti di file sharing che ha creato attenterebbe alla concorrenzialità del mercato su cui agisce l’industria tradizionale.
Pablo Soto ha 30 anni: da tempo smanetta e si destreggia con il codice, ha dato i natali al protocollo MP2P e a client come Piolet e Blubster . Sta ora affrontando il processo presso il Juzgados de lo Mercantil di Madrid: nel giugno 2008 è stato denunciato da Promusicae , l’associazione che raccoglie i rappresentanti dell’industria della musica spagnoli.
L’ accusa che pende sul suo capo non è solo quella di favoreggiamento alla violazione del diritto d’autore, una “violazione continuativa e massiva”, come avvenuto nei più noti casi che hanno coinvolto intermediari o piattaforme. Soto, secondo Sony, EMI, Universal e Warner sarebbe responsabile di aver creato sconquasso nella concorrenzialità di un mercato in cui agirebbe in maniera parassitaria : oltre a mettere a disposizione i propri client ai cittadini della rete, Soto ospiterebbe della pubblicità sotto forma di link. Lo sviluppatore, denuncia l’accusa, starebbe rubando la piazza all’industria tradizionale vendendo servizi con cui i detentori dei diritti non possono competere: se gli utenti ottengono gratuitamente i contenuti, spiegano i rappresentanti dell’industria, smettono di attingere ai canali tradizionali.
I colossi dei contenuti chiedono per questo motivo 13 milioni di euro : denaro a titolo di risarcimento dei guadagni non collezionati dall’industria della musica. Il perito dell’accusa ha tracciato le stime sssumendo che il 90 per cento dei 20 milioni di utenti che hanno scaricato il client avrebbe scaricato almeno un brano in violazione del diritto d’autore. Il prezzo di ciascun brano è stato fissato a 72 centesimi, di qui i 13 milioni di euro. Una stima, sottolineano i legali dello sviluppatore, che non tiene conto dei brani effettivamente scambiati configurando una violazione.
Soto, questa la strategia che la difesa ha sostenuto anche nel corso dell’udienza, si è limitato a fornire un’infrastruttura , degli strumenti: spetta ai cittadini della rete popolarli, decidere come impugnarli, stabilire cosa condividere e scambiare. Lo sviluppatore chiarisce di non aver tratto guadagni dalle violazioni del cittadini, ricorda che la tecnologia è neutrale, che sono i netizen, eventualmente, a violare il diritto d’autore disseminando contenuti senza corrispondere il dovuto ai detentori dei diritti.
Proprio per questo l’industria punta il dito contro Soto e lo definisce “traditore della causa del P2P”: Pablo Soto si sarebbe “lavato le mani rigirando l’accusa sugli utenti dei suoi programmi”. Ma gli utenti dei software di Soto non si lasciano condizionare: il blog dello sviluppatore straripa di incoraggiamenti. La corte di Madrid non deciderà prima di un mese.
Gaia Bottà