Specchio, specchio delle mie brame: chi è l’asteroide più grosso del reame? Ma siccome le dimensioni non contano, qual è il più pericoloso? Nell’attesa di svelare questi e altri dubbi, un team di scienziati dell’ Università di Glasgow , capitanati dall’italiano Massimiliano Vasile, ha stilato una classifica dei metodi migliori per tentare di deviare la traiettoria di un sasso spaziale pericoloso: e al primo posto sono finiti proprio gli specchi.
Non si tratta di uno scherzo: tanti piccoli satelliti, tutti equipaggiati con una superficie riflettente gonfiabile, che concentrino la luce solare su un punto dell’asteroide vaporizzandone la superficie, e producendo una spinta tale da cambiarne la direzione. Non è uno gioco da ragazzi, visto che per un affarino da 150 metri di diametro – piuttosto comune nei dintorni della Terra – ci vorrebbero una decina di satelliti equipaggiati con specchi da 20 metri al lavoro per tre anni .
A voler andare per le spicce, basterebbe mandare incontro alla pepita gigante un centinaio di velivoli: in quel caso basterebbero pochi giorni, sempre che si riesca a mettere in posizione senza sgarrare ben 100 satelliti tutti in una volta. Per un asteroide simile a quello che pare abbia fatto fuori i dinosauri, un mostro da 20 chilometri, ce ne vorrebbero 5000 : per fortuna , di quelli grossi così ne passa uno ogni sei milioni di anni.
Il metodo degli specchi è dunque il più adatto ai piccoli oggetti: non che 10 satelliti per volta siano una passeggiata, ma come spiega lo stesso Vasile a New Scientist , una dozzina di satelliti in posizione sono l’equivalente della rete GPS: qualcosa che è già stato fatto , dunque, e che potrebbe essere ripetuto.
Al secondo posto della classifica si è piazzato il metodo del trattore gravitazionale : una piccola navicella spaziale, lanciata in orbita attorno ad un asteroide, ne devierebbe la traiettoria unicamente grazie alla sua modesta forza attrattiva . Con 20 tonnellate e un anno di tempo, deviare un corpo da 200 metri di diametro non dovrebbe essere un problema, dice la NASA. Che, per altro, concorda con Vasile sul rischio di utilizzare la fantascientifica idea dei missili nucleari . Sebbene, infatti, una bomba all’idrogeno garantirebbe la spinta necessaria, il rischio di trasformare un grosso asteroide in una serie di piccoli detriti non controllabili è troppo alto: e a quel punto, fermare tanti oggetti in rotta verso la terra potrebbe diventare impossibile.
In classifica sono entrati un altro paio di metodi interessanti. L’ effetto Yarkovsky , che si ottiene dipingendo un lato dell’asteroide per far si che si riscaldi più dell’altro, modificando la traiettoria grazie al calore. O la propulsione, vale a dire attaccare un bel razzo vettore (o dei piccoli ugelli direzionali) alla superficie del macigno per modificarne il percorso. E, perché no?, provare a fargli cambiare strada con un bello schianto di un veicolo spaziale sulla superficie. O forse la soluzione migliore è usarli tutti insieme?
Luca Annunziata