Mountain View (USA) – Dopo un paio di esperienze che le hanno consentito di saggiare il fertile terreno del mercato mobile, Mozilla è ora decisa a fare sul serio e sviluppare una vera e propria versione mobile di Firefox. Ad annunciarlo è stato Mike Schroepfer, vice president of engineering di Mozilla, che nel proprio blog spiega perché sia giunto il momento di “portare l’esperienza e la tecnologia di Firefox sui dispositivi mobili”.
“La gente ci chiede di continuo quali siano i piani di Mozilla per il web mobile, e sono davvero entusiasta di annunciare che siamo pronti a scuotere questo settore”, ha proclamato Schroepfer.
La celebre società open source è dunque pronta a sfidare i molti microbrowser oggi sul mercato , tra i quali Opera Mobile e Opera Mini, NetFront, Mobile Explorer, Blazer e la versione embedded di Safari inclusa in iPhone. Sebbene si tratti di un settore tutto sommato giovane, i concorrenti non mancano di certo.
Ma perché scendere ufficialmente in campo proprio adesso? Il dirigente di Mozilla afferma che ci sono almeno due buone ragioni. La prima è che il settore mobile rappresenta ormai uno sbocco quasi obbligato per i browser web : il numero di dispositivi mobili batte infatti quello dei computer di 20 a 1, e Firefox potrebbe rappresentare anche qui un’alternativa open source ai browser, spesso proprietari, integrati in smartphone e computer handheld.
La seconda ragione è che i dispositivi mobili di nuova generazione, a partire dagli smartphone di fascia medio-alta, sono ormai idonei a far girare una versione “lite” di Firefox senza troppi compromessi, e soprattutto senza costringere Mozilla a sviluppare una piattaforma di browsing ex novo. A tal proposito Schroepfer ricorda come iPhone disponga di 128 MB di memoria DRAM e di un processore con clock compreso fra 400 e 600 MHz, e come ARM abbia già pianificato il lancio , per il 2010, di una CPU embedded multicore otto volte più veloce di quella utilizzata da iPhone.
Per creare quello che Schroepfer ha già battezzato Mobile Firefox , Mozilla si rifarà all’esperienza maturata con i progetti Minimo (ormai abbandonato) e MicroB . Lo scorso luglio quest’ultimo ha partorito un browser basato sulla piattaforma Mozilla in grado di girare sull’Internet tablet N800 di Nokia (ma ne esiste una versione anche per il precedente modello N770).
MicroB rappresenta un’anteprima molto importante di ciò che sarà Mobile Firefox , perché per la prima volta porta su di un dispositivo poco più grande di un PDA un browser fondato sulle stesse tecnologie di Firefox: tra queste, il motore di rendering Gecko 1.9 (lo stesso che si troverà integrato in Firefox 3 ), una versione ridotta del linguaggio per lo sviluppo di interfacce utente XUL , un’architettura modulare e il motore Javascript. Tali caratteristiche permettono oggi a MicroB, e permetteranno in futuro a Mobile Firefox, di supportare le applicazioni AJAX e Flash 9 , i feed RSS, gli add-on (plug-in ed estensioni), i certificati digitali, le immagini e le animazioni in formato Scalable Vector Graphics (SVG), nonché gli standard CSS, DOM, XML, XSLT e XPath.
L’interfaccia XUL è un componente chiave, perché per mezzo di essa gli sviluppatori di terze parti saranno in grado non soltanto di personalizzare ogni aspetto di Mobile Firefox, ma anche di farvi girare sopra widget e rich Internet application . Mobile Firefox poggerà su Mozilla2 , una piattaforma di browsing di seconda generazione che dovrebbe fare il suo debutto entro la fine del prossimo anno, probabilmente in concomitanza con il lancio del successore di Firefox 3. Schroepfer ha spiegato che con l’avvento della nuova piattaforma i dispositivi mobili acquisiranno la massima priorità ( Tier1 ) nelle strategie di Mozilla: ci si può dunque attendere che nei prossimi anni la versione mobile di Firefox evolverà di pari passo con quella desktop.
Mozilla è pronta ad investire nel progetto un certo livello di risorse umane ed economiche, e lo ha appena dimostrato assumendo due nuovi sviluppatori : Christian Sejersen, che è stato recentemente a capo della divisione browser di Openwave , e Brad Lassey, ex ricercatore di France Telecom . I due lavoreranno insieme ai creatori di Minimo, Doug Turner e Chris Hofmann, e potranno contare sull’aiuto della comunità Mozilla.org .
Il futuro cucciolo di Firefox non è l’unico segnale che, nel settore mobile, Mozilla voglia fare sul serio. Proprio pochi giorni fa l’azienda ha annunciato un accordo con ARM, Samsung, Texas Instruments, Montavista e altre aziende per creare una piattaforma open source alternativa a quella Ultra-Mobile PC di Microsoft . Questa potrebbe essere la prima piattaforma su cui girerà la versione mobile di Firefox.
Schroepfer ha inoltre ricordato come Firefox sia già al centro di iniziative come Ubuntu Mobile di Canonical e Mobile & Internet Linux Project di Intel , e come Mozilla stia portando avanti un progetto, chiamato Joey , che permette di inviare contenuti al proprio cellulare salvati con Firefox (porzioni di testo, video, canzoni, foto, feed RSS, live bookmark ecc.).
Per il momento non è dato sapere su quali piattaforme e dispositivi girerà il futuro pargoletto di Mozilla : di certo il bacino di utenti più vasto è attualmente quello degli smartphone con sistema operativo Windows Mobile, Symbian OS e Palm OS, ma su questi ultimi due le tecnologie di Mozilla non hanno mai messo piede, almeno non ufficialmente. Esistono invece build di Minimo (che nativamente gira su Windows Mobile 4.x e 5) per le piattaforme Linux mobili OpenMoko , One Laptop per Child ( OLPC ) e Maemo .
“La riduzione dell’uso di XPCOM , l’unificazione della gestione della memoria sotto MMgc e altri miglioramenti legati a Mozilla2, renderanno Mozilla un’ottima piattaforma per tutti i dispositivi, dai telefoni mobili al vostro desktop”, ha dichiarato Schroepfer.
La prima versione di Mobile Firefox non è attesa prima del prossimo anno, e in ogni caso dopo il rilascio di Firefox 3.
Di seguito un video che mostra il funzionamento del nuovo servizio gratuito Joey di Mozilla.
Roma – Non nascondono le loro ambizioni gli uomini di Mozilla Foundation: parlano di rivoluzione della comunicazione, ampliamento dei servizi offline, sbarco sulle piattaforme mobili cavalcando la convergenza e altro ancora. Di questo Punto Informatico ha parlato con Tristan Nitot, fondatore e presidente di Mozilla Europe.
Punto Informatico: Per la prima volta Mozilla decide di incontrare la stampa italiana. Sono in vista celebrazioni o annunci importanti?
Tristan Nitot: Niente di tutto ciò. In questi quattro anni dalla nascita, la Fondazione si è fatta conoscere diffusamente dagli utenti abituali del Web, ma riteniamo utile anche parlare alla platea più ampia, composta da milioni di italiani che si collegano saltuariamente al Web.
P.I: L’ultimo Browser barometer di XiTi Monitor, relativo al consuntivo di luglio , assegna a Firefox una quota di mercato europeo pari al 27,8%, vale a dire un terzo in più rispetto a un anno prima. Grossi progressi sono stati compiuti anche in Italia, dove il browser aperto è passato da una quota del 13,5% all’attuale 18,3%. Vi aspettavate questi risultati?
T.N: Sinceramente sì. Firefox è forte soprattutto nei paesi europei in cui c’è una massa consistente di navigatori. Prenda la Germania: nella locomotiva economica d’Europa abbiamo una quota di mercato del 38% e facciamo anche meglio in Polonia, con il 39,6% e in Finlandia, con il 45,4%. La Germania è stato uno dei paesi più sensibili all’offerta Netscape. Per questo motivo, quando America online si è ritirata dal progetto Mozilla, molti utenti hanno accolto a braccia aperte Firefox.
Più in generale, man mano che passa il tempo cresce l’attenzione degli utenti verso gli standard aperti, che non li vincolano a una tecnologia proprietaria. Questo desiderio è più forte della pressione che arriva dal mercato dell’offerta: oggi chi acquista un PC, nella maggior parte dei casi, trova già Windows installato, mentre per scaricare Firefox bisogna volerlo esplicitamente, collegarsi al sito e scaricarlo.
P.I: Non vorrà farci credere che a orientare gli utenti nella scelta del browser sia anzitutto una scelta di campo tra soluzioni open e proprietarie?
T.N: Quando parlo di standard aperti, mi riferisco a tutte le implicazioni che seguono. Pensi al caso delle aziende e della Pubblica Amministrazione: in questi segmenti, che hanno particolari esigenze di sicurezza e di flessibilità, siamo più forti che nel resto della popolazione Internet.
P.I: Negli Stati Uniti, invece, Firefox non va oltre il 18%. Nemo propheta in patria?
T.N: Questo è un risultato che nemmeno noi riusciamo a spiegarci. Eppure, negli altri paesi del Centro e del Nord America abbiamo percentuali di penetrazione in linea con i leader europei.
P.I: Dopo anni di piccoli passi, di recente Microsoft ha dato un’accelerazione allo sviluppo del suo browser, con Internet Explorer 7, che si integra profondamente con Windows Vista. Vi aspettate contraccolpi negativi dal mercato?
T.N: Non credo che la crescita di Firefox subirà un rallentamento nei prossimi mesi e penso che nemmeno Microsoft pensi ciò. Consideri cosa è successo solo pochi giorni fa: la versione 7 del più popolare dei browser si è slegata dal programma Windows Genuine Advantage, che rendeva possibile l’installazione della stessa solo su Windows originali, dotati di seriale non-blacklistato e in regola con l’attivazione.
In sostanza, pur di non perdere quote di mercato, Internet Explorer chiude un occhio, anzi tutti e due, verso le copie pirata. Per noi è un successo, forse più importante delle quote di mercato: significa che sul mercato si va diffondendo un’idea del Web aperto a tutti e non limitato dalla titolarità delle licenze.
P.I: Torniamo a Firefox. La release 3, conosciuta anche come Gran Paradiso, è attesa dal mercato come una rivoluzione. Quali saranno le novità principali?
T.N: Le cito la prima che mi viene in mente. Ci prepariamo a un salto deciso nella gestione dei segnalibri (i “preferiti” in IE): ciascun sito messo in memoria sarà dotato di tag di riconoscimento. In questo modo l’utente non avrà difficoltà a recuperare un vecchio indirizzo anche se nel frattempo ha inserito in lista decine di altri siti. Cambiamenti importanti riguarderanno, poi, la sicurezza e la navigazione. Sarà possibile usufruire di alcuni servizi di pubblica utilità, come consultare gli orari dei treni, anche in modalità offline. L’obiettivo che ci siamo posti è superare i limiti imposti dei cavi. Per il resto, sono previste novità sul fronte dell’accesso e della gestione dei contenuti, un potenziamento della comunità di supporto e miglioramenti sulla parte grafica.
P.I: Il modo di vivere Internet è cambiato sensibilmente negli ultimi tempi: la fruizione dei contenuti continua a ricoprire un ruolo dominante, ma sono in forte ascesa gli strumenti di Web partecipativo. Come prevede che muterà l’offerta dei browser per venire incontro a questo nuovo trend?
T.N: Difficile fare previsioni, visto che la realtà cambia alla velocità della luce. Già oggi si vedono, però, importanti cambiamenti rispetto al passato. Prendiamo la navigazione a schede, che consentono di tenere aperte più pagine Web nella stessa interfaccia. Un’innovazione che Firefox ha introdotto per prima e che i nostri concorrenti hanno subito importato nelle loro soluzioni. Un altro passo in avanti riguarda l’attenzione ai creatori di contenuti: da poco il nostro sistema operativo ha creato un correttore ortografico per chi pubblica su Internet. In un futuro prossimo dovrebbero esserci novità per semplificare la vita a chi pubblica messaggi multimediali e video.
P.I: Che ruolo svolgerà la nuova divisione Thunderbird e che rapporti avrà con Mozilla Corp?
T.N: Entrambe sono controllate al 100% da Mozilla Foundation. Thunderbird è nato come client di posta elettronica open source, dotato di filtro bayesiano antispam e in grado di importare messaggi da altri programmi con le stesse funzioni. Quando è stato concepito, si prevedevano tempi più lunghi per la sua adozione di massa. Invece già oggi ci sono milioni di user, per cui la Foundation ha deciso di stanziare un budget di 3 milioni di dollari per andare oltre la semplice gestione della posta elettronica e fare di Thunderbird un laboratorio in cui progettare nuovi modi di comunicazione sul Web.
P.I: Un’ultima domanda: come mai la fondazione, che non ha finalità di lucro, ha dato vita a una corporation?
T.N: Non è il primo a fare questa domanda. La legislazione statunitense impone la costituzione di questo soggetto giuridico quando vengono superate certe cifre nelle donazioni. Non snatureremo mai la natura volontaristica del progetto, ma attraverso la Corp. ci siamo adeguati alla legge e, tra le altre cose, abbiamo iniziato a pagare le tasse.
Intervista a cura di Luigi dell’Olio