Repubblica Digitale: come attivarsi per sconfiggere l'analfabetismo digitale

Repubblica Digitale: attivisti cercansi

Repubblica Digitale è una iniziativa del Team per la Trasformazione Digitale, un appello all'attivismo per fare il modo che l'Italia cerchi tra i propri cittadini le risorse necessarie per abbattere l'analfabetismo digitale diffuso. Un Manifesto enuncia i principi del progetto e la creatività di cittadini, aziende private, associazionismo ed enti pubblici metterà darà corpo al movimento.
Repubblica Digitale: attivisti cercansi
Repubblica Digitale è una iniziativa del Team per la Trasformazione Digitale, un appello all'attivismo per fare il modo che l'Italia cerchi tra i propri cittadini le risorse necessarie per abbattere l'analfabetismo digitale diffuso. Un Manifesto enuncia i principi del progetto e la creatività di cittadini, aziende private, associazionismo ed enti pubblici metterà darà corpo al movimento.
Giacomo Dotta
Pubblicato il

Una, accessibile, consapevole: così il Team per la Trasformazione Digitale immagina l’Italia, cercando di fare proselitismo attorno a questo principio per far sì che siano gli italiani stessi a mettere in campo le energie necessarie per il salto di qualità nella direzione del futuro. Per far sì che questo impegno non sia soltanto una pulsione etica individuale, ma diventi forza collettiva e organizzata, il Team ha così pubblicato un proprio Manifesto per la Repubblica Digitale, chiamando a raccolta tutte le persone e gli enti (privati o pubblici) che intendono fare qualcosa per ridurre il gap culturale che rischia di ridurre l’inclusione e di svilire così tutte le iniziative che si fanno per svecchiare il paese, sburocratizzare la PA e rilanciare l’efficienza dello Stato.

Il Manifesto altro non è se non una dichiarazione di intenti, un tentativo di mettere attorno ad un medesimo scopo il maggior numero possibile di attivisti. Una iniziativa che, lungi dall’avere sapore e motore politico, sembra mossa dal potenziato status del Team Digitale e animata dalla voglia di migliorare il sostrato sociale sul quale iniziative come IO o PagoPA tentaranno di innestarsi.

Repubblica digitale

Repubblica Digitale è un’iniziativa promossa dal Team per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri con l’obiettivo di accompagnare il processo di trasformazione digitale con una serie di azioni di inclusione digitale finalizzate a abbattere ogni forma di divario digitale di carattere culturale.

Per dare il via ad una vera trasformazione digitale del sistema Italia, c’è bisogno di aumentare anzitutto la cultura digitale diffusa. Il Team per la Trasformazione Digitale intende farsi capofila di questo tentativo (assumendo di fatto su di sé il ruolo del nuovo Digital Champions) sperando nell’aiuto di quanti, seduti dalla parte “forte” dell’innovazione, vogliano mettere a disposizione del paese tempo e competenze per creare un valore collettivo.

L’obiettivo è quello di sconfiggere l’analfabetismo digitale, qualcosa che si somma al digital divide tecnologico (a cui si sta lavorando posando chilometri e chilometri di fibra ottica in tutto il paese) nel rappresentare una resistenza incrollabile ai benefici dell’innovazione.

Repubblica Digitale

L’iniziativa Repubblica Digitale nasce per provare a fornire una prima – e certamente non sufficiente – risposta a questo problema che, se non affrontato e risolto, minaccia di limitare il successo e l’efficacia di ogni azione di trasformazione digitale o, peggio, di privare taluni cittadini di ogni concreta possibilità di esercizio dei propri diritti in un contesto nel quale il digitale è destinato a diventare il modo ordinario di dialogo con l’amministrazione a ogni livello.

Repubblica Digitale non basterà, insomma, ma è una scintilla: se le iniziative sapranno moltiplicarsi, e se gli attori saranno in grado di dar vita ad una vera irrorazione di cultura digitale sul paese, allora il meccanismo sarà innescato. Molto dipenderà dal modo in cui l’iniziativa sarà condotta: dalle resistenze poste ai parvenu dell’innovazione tecnologica, alle sterili ambizioni del personal branding, fino alle mille deviazioni in cui in passato iniziative similari si sono spente.

Il Manifesto

Il Manifesto di Repubblica Digitale è disponibile sull’apposita pagina del sito dedicato al Team per la Trasformazione Digitale. “Gli aderenti“, si legge nel testo, “osservano che la tecnologia digitale ha accelerato la trasformazione della società generando opportunità straordinarie ma anche nuovi rischi sociali“. Inoltre “ritengono che la trasformazione digitale possa essere interpretata come una grande occasione per “rilanciare” i principi, i diritti e i valori costituzionali che hanno fondato la Repubblica e i diritti umani fondamentali universalmente riconosciuti e come un percorso al quale siamo tutti chiamati a partecipare come cittadini, amministrazioni, imprese e formazioni sociali in vista del raggiungimento di un traguardo comune“. Infine, “propongono che lo Stato, i cittadini, le formazioni sociali e le imprese collaborino insieme per sviluppare la cultura scientifico-tecnologica e contrastare ogni forma di analfabetismo digitale – per le stesse ragioni e con la stessa determinazione con la quale, nel secondo dopoguerra, si superò l’analfabetismo linguistico – nonché ogni forma di discriminazione nell’accesso agli strumenti di cittadinanza digitale“.

Ma non basta una firma per sposare questo Manifesto: ai firmatari è chiesto un vero e proprio impegno, anche creativo, affinché sia chiaro il modo con cui ognuno intende agire nell’arco di 12 mesi per perseguire gli obiettivi fissati. Cosa chiede il Team? Azioni concrete, risultati misurabili. Che di parole se ne son già fatte troppe, verrebbe da aggiungere.

Il team enuncia inoltre 3 principi che ritiene basilari per questa battaglia comune:

  1. Educazione al digitale:
    Cultura informatica e competenze digitali sono requisiti essenziali della cittadinanza. Pubblico e privato devono investire risorse nel loro sviluppo in quanto fattori determinanti per la crescita, la competitività e il benessere del Paese, combattendo ogni forma di analfabetismo digitale anche attraverso la scuola, l’università e i mezzi di comunicazione di massa“;
  2. Cittadinanza digitale:
    La tecnologia digitale può favorire lo sviluppo di una nuova forma di cittadinanza basata su informazione di qualità, partecipazione alle deliberazioni, interazione civica e su un rapporto più efficace tra cittadini e pubblica amministrazione. Il digitale progettato ponendo attenzione ai diritti dei cittadini può diventare la lingua comune nel dialogo tra cittadini, amministrazioni pubbliche e imprese e contribuire al superamento delle diseguaglianze. Pubblico e privato rendono disponibili i propri servizi in forma digitale in maniera accessibile e a misura di cittadino senza creare nuove barriere tecnologiche e abbattendo quelle esistenti“;
  3. Digitale etico, umano e non discriminatorio:
    Il digitale può diventare uno spazio di eguaglianza e di sviluppo delle comunità e degli individui. Pubblico e privato contribuiscono all’eliminazione di ogni ostacolo di ordine sociale, economico, geografico, tecnologico e culturale che può impedire di fatto l’uguaglianza tra i cittadini nell’utilizzo dei servizi pubblici e privati digitali e nell’accesso alle opportunità offerte dal digitale. Il digitale deve essere etico e antropocentrico. Pubblico e privato devono progettare, sviluppare e fornire i loro servizi nel rispetto dei valori etici fondamentali riconosciuti nel nostro Paese e nel resto del mondo ponendo la persona e la comunità al centro“.

Nella presentazione del progetto, Luca Attias e Guido Scorza ricordano come solo il 24% degli italiani utilizza internet per accedere a servizi pubblici, l’uso del contante è ancora molto al di sopra della media europea e ben il 50% della popolazione non ha fatto alcun acquisto online nell’ultimo anno: in un paese ove il 26% della popolazione attiva non ha mai navigato in rete, dati di questo tipo fotografano un paese che si trova oggi cronicamente arretrato.

Come approfittare delle opportunità dell’innovazione tecnologica se parte della popolazione è tagliata fuori, rappresentando da un lato una mancata opportunità e dall’altra un peso per l’intera cittadinanza? Ancora: quanto potrebbe valere la Trasformazione Digitale in termini di leve economiche, sburocratizzazione, trasparenza, lotta all’evasione? L’Italia può permettersi di ignorare questo problema, sperando semplicemente che basti un cambio generazionale per cambiare le cose?

La risposta è no: l’Italia non può permetterselo. Bisogna dunque diventare Repubblica Digitale.

Partecipa

Chiunque può fare la propria “buona azione” ed il valore di quest’ultima sarà duplice se integrato all’interno di un progetto che ha l’ambizione di fare sistema. L’idea è quella di mettere a fattor comune la buona volontà e le migliori creatività degli attivisti, così che possa prendere il via un vero e proprio movimento con il quale coinvolgere ulteriori energie in un crescendo positivo. Un hashtag tenterà di tenere assieme tutto questo attivismo: #RepubblicaDigitale, una pulsione nazionale che attorno al tricolore sappia cucire anche competenze che troppo spesso il tricolore non ha saputo ben interpretare.

Chi può partecipare

Le porte sono aperte a tutti (privati, imprese, associazioni o enti pubblici): chiunque può dunque proporre la propria idea ed attraverso quest’ultima entrare a pieno titolo nel movimento. Una segreteria centrale valuterà le singole proposte e il Team tenterà di dar conto di tutti i risultati conseguiti attraverso un aggiornamento continuo che intende fotografare lo stato di avanzamento dei lavori in questo capillare processo di educazione digitale “orizzontale”: da cittadino a cittadino.

A seguito dell’accettazione della richiesta di adesione, la Segreteria organizzativa pubblica sulla pagina istituzionale del progetto la notizia dell’adesione del richiedente e la descrizione dell’iniziativa o delle iniziative che questi si è impegnato a porre in essere. L’aderente aggiorna periodicamente la Segreteria organizzativa dell’evoluzione del progetto e alla sua conclusione comunica alla Segreteria i risultati del processo di verifica e misurazione relativo agli obiettivi.

Fin dal giorno d’esordio aderiscono a Repubblica Digitale nomi quali:

  • Facebook
  • Google
  • Microsoft
  • IBM
  • Fondazione Mondo Digitale
  • TIM
  • PayPal

La presenza di nomi di questo calibro rappresenta un fondamentale endorsement per una iniziativa che ha bisogno di grande entusiasmo per poter attecchire: c’è in ballo una fetta di futuro di questo paese perché, laddove dall’alto si fatica non poco a credere ed investire in innovazione, dal basso è necessario comunque creare le migliori condizioni affinché gli investimenti possano dar frutto.

Incompatibilità

Chiunque può partecipare al progetto, purché rientri all’interno dei canoni di compatibilità previsti. In particolare si chiede al richiedente di “non essere stato interdetto o inabilitato, non essere stato condannato, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione, per i seguenti delitti: delitti contro la Pubblica Amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, l’economia pubblica, l’industria ed il commercio, ovvero per il delitto di omicidio volontario, furto, rapina, estorsione, truffa, appropriazione indebita, ricettazione e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; non essere sottoposto a provvedimenti antimafia“.

La segreteria organizzativa si pone da garante del progetto, riservandosi fin da subito il diritto di revocare l’adesione al manifesto da parte di quanti non rispettino i principi enunciati o vengano riscontrate incompatibilità come previsto da specifico regolamento. Sebbene il progetto sia aperto ad enti pubblici e privati, non può diventare mera occasione di promozione personale (e anche su questo punto si è già perso in passato troppo tempo), ma deve rispecchiare appieno quel che il Manifesto enuncia. Siano gli attivisti ad esaltare il Manifesto per la Repubblica Digitale, insomma, e non il contrario.