Le biblioteche USA, sede del patrimonio culturale scaturito da secoli di libertà di espressione, impediscono alla società civile di informarsi, passano al setaccio il diritto dei cittadini a formarsi un’opinione consultando delle risorse in rete. E i bibliotecari sono occhiuti tutori della morale, vigili alle spalle dei cittadini alla ricerca di informazioni online.
Questa l’accusa che ACLU, l’associazione americana che da anni si batte per i diritti civili, torna a scagliare : la rete delle Biblioteche Pubbliche di Sacramento, in California, impone dei filtri alla navigazione in rete sui computer messi a disposizione degli utenti. Non bastasse la violazione del diritto ad informarsi, i bibliotecari che vi lavorano sono addestrati a sbirciare alle spalle dei cittadini per monitorare le sessioni online : vigilano sugli utenti, li possono richiamare all’ordine qualora stiano visionando del materiale perfettamente legittimo ma considerato sospetto e hanno il potere di interdire gli utenti dall’uso del computer.
Si impedisce la libera circolazione dell’informazione , vi si perpetrano violazioni al diritto alla riservatezza , spiegano da ACLU. Dal 2004 si contano oltre 3 milioni di sessioni online e sono solo 24 le segnalazioni relative a contenuti inappropriati visionati dagli utenti, sia nel momento in cui la policy sui filtri era attiva, sia nel momento in cui gli utenti erano liberi di navigare a proprio piacimento. Filtri e monitoraggio appaiono dunque superflui, sproporzionati nel bilanciamento dei diritti dei cittadini e il diritto a godere in biblioteca di “un ambiente sicuro, confortevole e accogliente”: i filtri, obbligatori per i minori e caldamente raccomandati per gli adulti, imbrigliano contenuti perfettamente legittimi, che non rischiano in alcun modo di urtare la sensibilità di colui che li consulta.
Si pensi ad un utente che desideri ottenere delucidazioni sulle malattie a trasmissione sessuale: le misure di sicurezza potrebbero bloccare l’accesso a siti informativi pienamente legittimi, e l’utente si troverebbe costretto a chiedere la sospensione del filtro. I bibliotecari vigilantes , insospettiti, potrebbero decidere di marcare più stretto l’individuo e potrebbero acquisire dati sensibili che lo riguardano. Per questo motivo ACLU, affiancata da educatori e medici locali, chiede che vengano rimossi i filtri, per questo motivo chiede che sia rivisto il comportamento che si impone ai bibliotecari.
Ma l’obiettivo di ACLU non sembra essere condiviso dai cittadini: “ACLU sta facendo pressione perché il consiglio della Biblioteca pubblica di Sacramento aumenti la possibilità di accedere alla pornografia attraverso computer pagati dai contribuenti” così interpreta l’ umore di Sacramento il California Christian Daily . Ma c’è chi si spinge oltre e accusa ACLU di incoraggiare i cittadini al consumo di pornografia, pornografia che scatenerebbe perversioni omicide nelle menti di chi vi si espone.
Il consiglio della rete delle biblioteche di Sacramento non ha ancora deciso sul da farsi: per allentare le briglie censorie sugli utenti dei computer che mette a disposizione dovrebbe rinunciare ai fondi pubblici, lo ha stabilito la Corte Suprema.
Gaia Bottà