Introdotto con l’obiettivo dichiarato della semplificazione per quanto concerne le modalità di accesso ai servizi della PA, oggi è lo stesso SPID ad attraversare un momento parecchio complicato. Quasi un paradosso. L’ultima novità sullo stato di salute dello strumento, oggi nelle mani di oltre 34 milioni di cittadini, si riferisce alla sua possibile dismissione entro pochi mesi, per lasciare il posto a una non meglio precisata app unica. Modalità e tempistiche, però, sono ancora tutte da definire.
Identità digitale: dallo SPID all’app unica?
Dalle fonti ufficiali non sono fin qui giunti chiarimenti, se non quelli in merito all’intenzione di mantenere vivo e operativo il sistema, almeno a stretto giro, fino a giugno. Spegnerlo da un giorno all’altro significherebbe senza dubbio gettare nel caos tutti coloro che, quotidianamente, vi fanno affidamento per interagire con la Pubblica Amministrazione. Questo, dopo anni nei quali il suo impiego è stato promosso all’unanimità da governi ed enti.
Quel che sappiamo per certo è che SPID ha appena perso uno dei suoi gestori: Intesa. Proprio ieri, Agenzia per l’Italia digitale ha reso noto che, a partire dal 23 aprile, uscirà dall’elenco degli Identity Provider autorizzati a erogare le identità. La società impegnata su questo fronte (con Intesa ID), controllata da Kyndryl Company, ha comunicato la volontà di non rinnovare la convenzione per ragioni legate anzitutto alla sostenibilità economica dell’iniziativa. I suoi utenti e clienti potranno chiederne una nuova, in modo gratuito, alle dieci alternative restanti ovvero TeamSystem, TIM, Register.it, Sielte, Poste Italiane, Namirial, Lepida, InfoCert, Aruba e Etna Hitech.
⚠️ Dal #23 aprile, Intesa non sarà più gestore di identità digitale abilitato da AgID. Gli utenti potranno riottenere gratuitamente #SPID da un altro gestore, mentre fornitori e aggregatori dovranno aggiornare il pulsante “Entra con SPID”. Informati qui⤵️https://t.co/oOVzaPDWL7 pic.twitter.com/enOntp4n1G
— AGID (@AgidGov) March 8, 2023
Il ruolo della Carta d’Identità Elettronica
Chi non ha seguito le puntate precedenti è legittimato a chiedere perché mai si voglia dismettere un sistema che ha fin qui dimostrato di funzionare, e anche bene, nonostante il percorso che lo ha portato nelle mani di oltre la metà degli italiani non sia stato sempre lineare né privo di ostacoli. Molti, esponenti dell’esecutivo compresi, ritengono che un passaggio all’impiego esclusivo o prioritario della Carta d’Identità Elettronica sia la cosa migliore, per questioni inerenti sia alla sicurezza sia alla possibilità, così facendo, di centralizzare la gestione dell’identità digitale anziché delegarla a realtà private che ora, dopo anni di impegno, chiedono un sostegno economico importante per continuare nel loro compito (50 milioni di euro all’anno). Sarà poi necessario fare i conti con la volontà di Bruxelles, intenzionata a promuovere ciò è definito European Digital Identity Wallet, per natura transfrontaliero e condiviso a livello continentale.
SPID+CIE o CIE al posto di SPID?
Tornando all’app unica citata in apertura, a parlarne è un articolo pubblicato ieri da Repubblica. Oltre a ricordare il rinnovo delle convenzioni sul tavolo (con i dieci gestori rimasti), il quotidiano fa esplicito riferimento alla prospettiva di uniformare le modalità di accesso ai servizi della PA, che oggi solitamente consistono nell’autenticazione tramite SPID, Carta d’Identità Elettronica o Carta Nazionale dei Servizi. Rimane dunque da capire se si opterà per una convergenza oppure per un passaggio di consegne a CIE.
Insomma, la strada per la semplificazione si fa almeno temporaneamente complicata e contorta. Quasi un paradosso. Tutto questo senza dimenticare la necessità di stabilire come impiegare i 285 milioni di euro garantiti dal PNRR per lo sviluppo e l’evoluzione dell’identità digitale.