Le recenti dichiarazioni di Alessio Butti (Fratelli d’Italia) a proposito del possibile addio a SPID, in favore di una migrazione alla CIE come unico strumento per la gestione dell’identità digitale, hanno inevitabilmente alimentato un’accesa discussione, anche tra l’opinione pubblica. Lo spegnimento
annunciato di un sistema oggi impiegato da oltre 33 milioni di italiani, nonché a lungo promosso dalle iniziative istituzionali per la necessaria digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, non può per ovvie ragioni essere attuato in tempi brevi. Né può essere deciso e imposto senza passare da un’obbligatoria e attenta fase di analisi dei pro e dei contro. E infatti, ora si frena. Riportiamo alcuni chiarimenti a proposito di tempistiche e modalità.
Addio a SPID per la migrazione a CIE: chiarimenti
Oggi, le pagine de Il Sole 24 Ore, ospitano una nuova dichiarazione del governo sul tema. Si fa riferimento alla volontà di avviare una valutazione concordata con tutti gli stakeholder
, al fine di verificare la fattibilità a lungo termine di una simile iniziativa. I suoi sostenitori dovranno superare ostacoli che si stanno manifestando anche all’interno del governo stesso.
È il caso di Alessandro Cattaneo (Forza Italia), secondo cui SPID semplifica la vita dei cittadini, non verrà cancellato
, confermando però l’intenzione di risolvere alcune criticità fin qui emerse. Quali? In primis quelle legate alle difficoltà che la fruizione del sistema presenta per gli anziani o per tutti coloro che hanno poca dimestichezza con la tecnologia. Dello stesso parere Giovanni Toti (ex Forza Italia, oggi Cambiamo!): Abolirlo mi sembra un passo indietro
.
Un’ulteriore difficoltà che Butti e i suoi potrebbero incontrare è legata alla natura stessa della Carta d’Identità Elettronica. Già in tasca a 31 milioni di italiani, nella sua incarnazione più recente, il documento integra un chip la cui tipologia non è stata esente dai problemi di approvvigionamento che, nell’ultimo biennio, hanno interessato l’intero comparto hi-tech, nonostante le rassicurazioni giunte dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato che si occupa della fase di produzione. Per potere essere impiegata come strumento di autenticazione necessita dell’applicazione CieID su uno smartphone dotato di NFC. O, in alternativa, di un lettore dedicato da collegare a un computer su cui è stato preventivamente installato un apposito software. Insomma, non esattamente una semplificazione rispetto alle modalità oggi offerte da SPID.
Un altro punto da considerare è il costo da sostenere per il rilascio. Oggi, le credenziali SPID possono essere ottenute anche gratuitamente, mentre per CIE il cittadino è chiamato a sostenere un esborso economico pari a 16,49 euro. La prospettiva sarebbe quella di azzerare la spesa e accorciare a 24 ore le tempistiche per la ricezione, attualmente piuttosto lunghe.
E il Digital Identity Wallet europeo?
Insomma, l’addio al Sistema Pubblico di identità Digitale che conosciamo non avverrà né oggi, né domani. Quella di Butti, non può e non dev’essere comunque etichettata come un’uscita senza prospettive. Andrà valutato ogni aspetto di una possibile transizione, o migrazione, inclusi quelli legati ad accessibilità e sicurezza delle due tecnologie, alle loro rispettive potenziali evoluzioni. E non potranno essere ignorate le indicazioni che giungono dall’Europa, da tempo al lavoro sull’introduzione di un Digital Identity Wallet per l’intero vecchio continente. A tutto questo si aggiungano gli obiettivi fissati dal PNRR e da centrare, per avere una percezione più completa di quanto il quadro sia complesso.