La piattaforma di streaming musicale che da meno di un anno ha fatto il suo esordio anche in Italia ha presentato il sito Spotify Artists e strumenti analitici gratuiti a disposizione degli artisti. Entrambe le novità hanno un obiettivo: spiegare a utenti e musicisti il modello di monetizzazione di Spotify ed aiutare gli artisti a farsi notare sulla piattaforma e a vendere merchandising direttamente dai loro profili. Gli strumenti messi ora a disposizione gratuitamente dei musicisti permetteranno a Spotify di spiegare quanto e come la loro musica è ascoltata in streaming.
Inoltre, permetteranno a Spotify di spiegare il proprio modello di business, altrove fortemente criticato. Con più di 30 milioni di brani a disposizione dei suoi utenti è basato sul freemium: utilizzo gratuito ( Spotify Free ) con pubblicità e limite di 10 ore al mese di ascolto dopo 6 mesi di utilizzo, che può essere convertito a due versioni a pagamento ( premium e Unlimited ) mensile senza limiti e pubblicità e con possibilità di consumo anche su dispositivi mobile Android, iOS e Windows Phone.
Il problema è legato, secondo le critiche, a quanto viene riconosciuto agli artisti: per esempio, il leader dei Radiohead Thom Yorke aveva accusato Spotify di offrire scarse percentuali di royalty agli artisti, mentre David Byrne aveva criticato in generale lo strumento dello streaming, tacciato di essere un “mezzo insostenibile come supporto del lavoro creativo di qualsiasi tipo”.
Già davanti a queste critiche la piattaforma svedese aveva sottolineato come avesse già versato dal 2008 nelle tasche degli aventi diritto circa 383 milioni di euro (500 milioni di dollari): una cifra destinata a raddoppiare già solo con i pagamenti di quest’anno. Con Spotify Artists e i nuovi strumenti, Spotify può ora scendere nel dettaglio e spiegare come calcola quanto dovuto ad ogni artista per lo streaming di ogni canzone: un calcolo che finisce per retribuire una traccia tra i 0,006 e i 0,0084 dollari.
Attraverso questo sistema Spotify, grazie a 24milioni di utenti attivi e quasi 6milioni di paganti, finisce per pagare al mese 3.300 dollari per un album indipendente di nicchia e 425mila dollari per una hit mondiale. Questo equivale a una cifra che in media si aggira tra i 6mila e gli 8.400 dollari ogni milione di ascolti , contro i circa 3mila che offre un servizio di video streaming come YouTube o i 1.300-1.500 di uno streaming radio come Pandora.
Inoltre, con l’aumentare dei suoi utenti aumenteranno anche questi compensi: la piattaforma arriva a dire che con 40milioni di utenti paganti (quelli a cui punta con l’esordio in paesi dove ora non è presente) una piccola band indipendente potrebbe guadagnare solo con spotify 17mila dollari al mese e una popstar mondiale fino a 2 milioni di dollari .
Certo, Spotify deve ancora dimostrare di poter raggiungere queste cifre, nonché di essere di per sé un business sostenibile.
Claudio Tamburrino