Dall’inizio del 2020 anche Spotify metterà al bando l’advertising politico, così come già fatto da altre piattaforme come Twitter. Il servizio di streaming musicale lo ha reso noto attraverso la redazione del sito The Verge, confermando con una breve dichiarazione (che riportiamo più avanti in forma tradotta) il rumor pubblicato nei giorni scorsi dal portale AdAge.
Spotify dice no (per ora) all’advertising politico
Le ragioni di tale scelta, come messo nero su bianco dall’azienda stessa, sono da ricercarsi nell’attuale indisponibilità di strumenti sufficientemente evoluti da poter etichettare un’inserzione pubblicitaria di questo tipo come adeguata alla riproduzione tra i brani e i podcast per gli utenti non abbonati. Un dettaglio di non poco conto, soprattutto per quanto riguarda gli Stati Uniti, con la campagna elettorale per le Presidenziali del prossimo anno che sta ormai per entrare nel vivo.
In questo momento non disponiamo del necessario livello di robustezza nei nostri processi, sistemi e strumenti per esaminare e validare in modo responsabile questi contenuti. Torneremo su questa decisione quando avremo evoluto le nostre capacità.
Di recente anche Google ha introdotto nuove regole per questo tipo di advertising, soprattutto per quanto riguarda la personalizzazione delle campagne e la definizione dei target ai quali sono rivolte. Di diverso avviso invece Facebook che facendo appello alla libertà di espressione ha scelto di non imporre alcun paletto né particolare limitazione alle inserzioni che supportano candidati, movimenti e partiti.