Produrre hardware non è semplice, progettarlo è un’arte, distribuirlo è una capacità: se non si è adeguatamente attrezzati, anche un gruppo come Spotify potrebbe incorrere in difficoltà ed il software (o servizio) a supporto non è sufficiente per creare quell’alchimia in grado di fare da sola la differenza. La stessa Spotify, infatti, ha rinunciato: in occasione della presentazione della trimestrale di cassa del gruppo, sul ring è stata lanciata la spugna per annunciare il ritiro del progetto Car Thing.
Adios Car Thing
Il player musicale di Spotify va KO prima ancora di iniziare, sconfitto per manifesta inferiorità, abbandonato sulla via da un gruppo che ha altrove il proprio baricentro e che in questa deriva poteva trovare soltanto ulteriori perdite.
La caduta di Car Thing non è certo qualcosa che scatenerà gli strali dell’utenza: mai realmente preso in considerazione, rispondeva ad una esigenza che in molte altre soluzioni trova già adeguata risposta (a partire da Echo Auto, a esempio, ma passando soprattutto per l’integrazione dei sistemi operativi mobile con l’impianto interno dell’automobile). L’ambiente dell’automobile, spiega Spotify, resta assolutamente centrale per l’evoluzione del gruppo, ma l’offerta sarà modulata secondo altre direttrici che non siano quella del ramo secco dell’hardware.
Ma Spotify ci ha mai realmente creduto? Difficile a dirsi. Poco originale il design, mai evoluto il concept, idea buona ma nata già vecchia. Soprattutto, nessuna reale prospettiva e la sensazione che il tutto nascesse soltanto come un interim tra una mobilità che c’era in attesa della mobilità che verrà. Formalmente sono alcune difficoltà nella supply chain e nei costi di produzione ad aver consigliato un passo indietro, pur manifestando soddisfazione per quanto realizzato fin qui: di fatto Car Thing non resterà di certo nella storia dell’hardware mentre sarà nel software e nel cloud che Spotify potrà fare a lungo la voce grossa forte dei risultati che continua a macinare.