Spotify punta sulla pubblicità profilata

Spotify punta sulla pubblicità profilata

I dati degli utenti che usano gratuitamente la piattaforma di streaming musicale potranno essere comunicati agli inserzionisti per veicolare spot mirati
I dati degli utenti che usano gratuitamente la piattaforma di streaming musicale potranno essere comunicati agli inserzionisti per veicolare spot mirati

Il grande successo di Spotify sta nel far ascoltare ai propri utenti la musica in modo gratuito, inserendo brevi interruzioni pubblicitarie (da 15 a 30 secondi) fra i brani. Un modello molto simile a quello della TV commerciale. Ora, però, potrà monetizzare qualcosa in più: le informazioni sui gusti musicali dei suoi ascoltatori.

La società svedese di musica in streaming ha annunciato che utilizzerà le informazioni relative agli utenti non paganti, circa 70 milioni, per finalità pubblicitarie di aziende terze . Potranno pertanto essere comunicati l’età, il sesso, la localizzazione geografica, la lingua, i generi musicali preferiti e le playlist ascoltate.

Spotify ha stretto accordi con le società di tecnologie per la pubblicità online AppNexus, Rubicon Project e The Trade Desk per offrire spazi pubblicitari mirati. Attraverso la sua piattaforma gli inserzionisti di 59 mercati potranno confezionare in modo automatico e in tempo reale le loro pubblicità, profilandole su un determinato tipo di pubblico.

Daniel Ek, presidente di Spotify

L’intento di Spotify è cercare di far crescere gli introiti pubblicitari, anche per far fronte alla crescente competizione con l’analogo servizio lanciato da Apple , che conta già 15 milioni di abbonati paganti contro i 30 milioni di Spotify.

Nelle scorse settimane fra le due aziende la tensione è salita : Spotify ha accusato Apple di ostacolare la concorrenza rifiutando l’aggiornamento della nuova versione della sua app per iPhone. Apple ha risposto indirettamente proponendo una riforma nel meccanismo dei compensi per lo streaming musicale. Mentre, però, Apple ha scelto di offrire solo abbonamenti a pagamento, Spotify ha una vasta platea di utilizzatori a titolo gratuito: un aumento dei costi inciderebbe sui suoi affari. Quello che cambia è che d’ora in poi gli spot non saranno più casuali, ma verranno modellati a seconda delle caratteristiche dell’utente , in modo da poterne catturare più facilmente l’attenzione e risultare maggiormente efficaci. A chi si registra gratuitamente, quindi, verrà chiesto di autorizzare la comunicazione dei propri dati ad aziende terze.

I dati economici dell’azienda di Stoccolma parlano chiari: nel 2015 i ricavi sono raddoppiati, raggiungendo 1,95 miliardi di dollari, ma appena il 10 per cento di questi deriva dalla pubblicità (il grosso viene dalle quote di abbonamento). Per quanto riguarda l’esercizio, nel 2015 Spotify ha dichiarato una perdita netta di 173,1 milioni di dollari. Con questa mossa, probabilmente, spera di raggiungere presto il break even .

Pierluigi Sandonnini

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Pubblicato il
25 lug 2016
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